tag:blogger.com,1999:blog-65923929935158977672024-03-05T09:31:43.901+01:00OTIUM et NEGOTIUMBLOG DI UNA SCRIVENTEFrancesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.comBlogger185125tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-64795960714942085902023-03-19T19:27:00.002+01:002023-03-31T19:33:26.456+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non pubblico quasi mai video delle poesie che da anni mi portano sui palchi. Mi piace preservare la loro irripetibilità come qualcosa di sacro, soltanto per chi c’è – dal vivo. Ma oggi voglio fare un’eccezione e immortalare quella volta che in un teatro elisabettiano in Svizzera avevo un gran mal di testa, la testa piena di distruzioni da cui è difficile distrarmi, ma comunque sufficiente fiducia che le parole siano il farmaco più potente e più diffuso, perché il linguaggio è l’unico mezzo che abbiamo per superare i confini delle nostre solitudini, senza dissanguarci.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ricorda: non smettere mai il coraggio di parlare.</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Non credo alle religioni, ma capita che una sera lasci il tuo stato per andare a dire parole su un palco e finisci occhi negli occhi di sconosciuti; qualcuno racconta, qualcuno ascolta, d’improvviso il presente è un posto in cui stare bene, scendi dal palco e scopri che le parole che hai scritto non sono solo tue: sono nostre, mie, tue, loro e ancora un’altra volta mi inchino a dire grazie, perché questa è poesia e mi salva la vita. Grazie di costruire senso, insieme, nonostante tutto. Inganniamo la morte. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Questa poesia si chiama Cassiopea e puoi ascoltarla e vederla <a href="https://www.instagram.com/reel/Cp-RoOUrwgr/?utm_source=ig_web_copy_link" target="_blank">qui</a>. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-13497695982575416682023-03-06T18:29:00.003+01:002023-04-01T05:33:48.810+02:00Come stai, in una parola? 5<div style="text-align: justify;"><i style="caret-color: rgb(25, 25, 25); color: #191919;"><span style="font-family: arial;">[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]</span></i></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Incenerito</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">L’aveva avvertito che sarebbe stato un rischio grosso da correre e davvero sconsiderato durante le settimane del palio, quando le contrade si animano di rancori antenati, ma S. aveva un conto aperto al tavolo dei sentimenti da quando alle superiori le aveva parlato per la prima volta: vent’anni dopo voleva riscuotere e puntare tutto su di lei, quindi le aveva scritto, si erano visti ed era successo quello che volevano, ma non doveva succedere.</div><div style="text-align: justify;">Stamattina S. esce da casa con l’espressione involontaria e trasognata di chi sta bene e ancora non se lo spiega. Sorride, le chiavi in mano, inciampa e prima di accorgersi di aver dimenticato il casco, davanti a lui lo scooter incenerito sembra un’opera incomprensibile della biennale. Non sorride più, per un istante si sente sollevato, prima di bestemmiare. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Crollo</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Per alcuni è difficile distrarsi da se stessi, gli altri invece stanno peggio, A. farfuglia qualcosa di simile davanti allo specchio, mentre cerca di stirare con le mani le pieghe sulla maglietta, che da quando vive solo gli ricordano quanto sia strano vivere solo, dopo anni in cui solo era diventato un aggettivo desueto. Ora invece, come i nomi di nonni che dopo qualche generazione tornano nelle anagrafi, se lo diceva spesso: era solo, anche single, e giorno dopo giorno assisteva alla deviazione dei gesti divenuti automatici, poi all’incrinatura di ogni abitudine, infine al crollo degli affetti stabili.</div><div style="text-align: justify;">Parlare da solo non sostituisce parlare a chi manca, però bisogna ascoltarsi, soprattutto quando rimaniamo gli unici a capirci. È allora che nonostante tutti, realizzi che l’importante è non abbandonarci noi, altrimenti sarebbe solo una maglietta stropicciata, invece senti un uomo solo cosa può dirsi davanti a uno specchio. </div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><b>Stropicciato</b></div><div style="text-align: justify;">Ormai nella decima decade le scale sono una fatica difficile da spiegare, ma I. non rinuncia ad andare a guardare la sua città dall’alto. Il battito del bastone sugli scalini dà ritmo all’ascesa e segna una pausa alla fine di ogni rampa: alza la testa, come un olimpionico a fine vasca riprende fiato e riparte dopo un paio di colpi di tosse, finché in cima si abbandona: “guarda che bella, è sempre bella.” Poi come ogni domenica va fino alla terza panchina da sinistra, poggia il bastone, tira fuori il portafoglio e si siede. Da una fessura fra i soldi e la carta d’identità estrae un foglietto stropicciato che titola: “Caro I., la città è più silenziosa senza di te.”</div><div style="text-align: justify;">Come ogni domenica, gli occhi lucidi sulla terza panchina da sinistra mi ricordano di cercare anch’io l’ispirazione che mi faccia sopportare cent’anni di scale. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Impanicato</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Che hai?</div><div style="text-align: justify;">– Panico. </div><div style="text-align: justify;">– Cosa?</div><div style="text-align: justify;">– Attacco di panico.</div><div style="text-align: justify;">– Non ti sento!</div><div style="text-align: justify;">– Sono impanicato!</div><div style="text-align: justify;">– Vieni, usciamo. </div><div style="text-align: justify;">A. si aggrappa al braccio dell’amico che lo trascina fuori dal locale, lontano dai faretti di luce bollente e dal rumore di musica e divertimento obbligato. Fa un respiro profondo. </div><div style="text-align: justify;">– Fa’ un respiro profondo. Va meglio?</div><div style="text-align: justify;">A. annuisce, poco convinto, ma annuisce. Il sudore inizia a diminuire, gli tornano pensieri diversi dalla morte per soffocamento. </div><div style="text-align: justify;">– Grazie. </div><div style="text-align: justify;">– Figurati. Possiamo restare qui fuori quanto vuoi. Dentro c’è una puzza! E guarda che luna. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Perso</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">C. ha sei anni, al suo compleanno il desiderio più grande che è riuscito a formulare è stato di vedere i dinosauri. Quando al parco con la sua classe, ha scoperto che ci sono delle gigantesche riproduzioni di dinosauri, ma non ci sono i dinosauri, con la scusa di andare in bagno è scappato e ora alla fermata della navetta aspetta di tornare a casa con tutta la delusione nello zaino. </div><div style="text-align: justify;">– Ti sei perso?</div><div style="text-align: justify;">Scuote la testa all’autista. Non si è perso, sa bene dov’è. </div><div style="text-align: justify;">– Non puoi stare qui da solo. Dobbiamo trovare le maestre. </div><div style="text-align: justify;">C. scuote la testa, braccia conserte e sopracciglia aggrottate. </div><div style="text-align: justify;">– Ok, stiamo qui. Mentre aspettiamo, ti va di dirmi qual è il tuo dinosauro preferito? Quando avevo la tua età mi piacevano tanto, che avrei voluto averne uno e ancora adesso mi piacerebbe un T-Rex. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-45287226424086884212023-02-04T18:26:00.006+01:002023-04-01T05:56:11.991+02:00In una società ingiusta essere un fallimento è cosa buona e giusta.<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mercoledì una studente 19enne si è suicidata nei bagni dell’università, lasciando una lettera: scusate, sono un fallimento. La sera prima, ho finito i miei esami, 29enne, sono andata sui social a vantarmi della mia media.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Perdonate il tempismo. E il ritardo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Anch’io mi sento un fallimento. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non voglio parlare di una ragazza di cui non sappiamo nemmeno il nome, perché sarebbe irrispettoso e nemmeno di me, perché sarebbe fuori luogo. Voglio però dire che in un mondo di imprenditori miliardari e miliardi di persone che ancora non hanno accesso all’acqua potabile, siamo tutti falliti. Anche se non lo ammettiamo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non possiamo salvare chi ha smesso di respirare e vi confesso pure che chiamarlo salvataggio credo sia presuntuoso, perché io rispetto la decisione di chi si toglie la vita, per quanto estrema sia. Vorrei però parlare a chi ancora può leggermi e forse ha bisogno di sentirsi dire quello di cui ho bisogno anch’io: facciamo tutti schifo. Punto.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Proviamo a cambiare prospettiva.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Chiunque può essere un fallimento, perché il punto è che saremo sempre falliti per qualcuno, in qualcosa, per forza: gli antifascisti sono un fallimento per i fascisti. Gli eroi di qualcuno saranno sempre i nemici di qualcun altro e qualunque scelta faremo, qualcuno ne sarà deluso. La rivoluzione è scegliere noi. Scegliere noi, nel senso sia di scegliere noi chi deludere, chi vince e chi perde e da che parte stare, sia di scegliere, fra tutti, noi stessi, unici, giusti e sbagliati così come siamo – come chiunque altro. È difficile, lo so. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non è privilegio di tutti avere dentro un animale che, nonostante le altre bestie, ci convinca che continuare a vivere vale la pena, ma tuttə dovremmo avere la possibilità di nutrirlo, quindi ascolta: onora la tua unicità. Della tua vita fai quello che vuoi e quello che puoi e se ti sembra diversa, strana, imperfetta, vuol dire che è tua. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mandiamo affanculo chi ci vuole omologare, perché l’unica normalizzazione di cui abbiamo bisogno è quella della diversità. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se possiamo, ammettiamolo: sono un fallimento. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se possiamo, accettiamolo: mi sento un fallimento. Ma chiediamocelo: cosa fa di una persona, per me, un fallimento?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se una 19enne si sente un fallimento perché non riesce a dare gli esami, per me, abbiamo fallito tutti. Prima di prendercela con la società, ricordiamoci che la società siamo noi. La prossima volta che sottoscriviamo, per noi o per gli altri, il paradigma che ci vuole disumani più che umani, impeccabili, perfetti e soprattutto sempre produttivi, come papà capitalismo ci ha fatti, fermiamoci e perdiamo un po’ di tempo a pensare: questa vita è mia e la gestisco io. Così non mi va.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vorrei dire ai nostri nonni che la guerra non è finita e in un certo senso è peggiorata, si è fatta subdola e oggi più che mai è l’occasione di partecipare: seppelliamo l’indifferenza, prendiamo posizione, in un mondo immondo, fallire significa pretendere un mondo migliore. Un mondo dove non si confondono persone e fabbriche e si ammettono i propri privilegi e fortune, così come le fragilità. Dove chiunque possa accedere ai diritti di base e studiare e lavorare non siano una fatica mortale. Dove non sentirsi male, perché si vorrebbe stare bene. Desiderare un posto dove poter vivere, non solo sopravvivere. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">In una società ingiusta essere un fallimento è cosa buona e giusta. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-79003412674223117402023-02-02T18:25:00.003+01:002023-03-31T18:49:43.577+02:00<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">All’ultimo slam è sparito un poeta. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ho chiuso l’ennesima clausura, che mi impongo quando devo coccolare i miei mostri. Poi esco e la vita è uno spettacolo incredibile.</span></div>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mi piace camminare, dopo la mezzanotte di un giorno feriale per strada siamo tutti personaggi del Mago di Oz: un uomo grasso con le bretelle appoggiato a un paletto, fa spegnere e riaccendere il lampione con lo sguardo, comunica un messaggio morse all’aldilà, mentre una ragazza tutta di nero, con le cuffie e i capelli in tasca gli passa a fianco. Ho cantato Wonderwall senza dissimulare il labiale, la Luna ci è stata testimone.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La prossima volta che mi sento inutile e non mi viene da scrivere, mi metto per strada con il cartello “ritiro amsa” e vediamo cosa succede.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quando d’inverno manca Milano d’estate, basta camminarla di notte. Una coppia si bacia come nelle poesie di Prévert, un cane porta fuori il padrone, all’incrocio sono passata col rosso, perché se non la rischi, cosa ce l’hai a fare la vita? Senti come tira il futuro.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ho spesso scarpe scomode e mi spacco i piedi, però guarda quanti passi abbiamo fatto, ancora. Nonostante tutto il dolore, ancora scrivere poesie. Perché ogni giorno è resistenza. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Secondo me, il poeta che è sparito, è andato a cercare se stesso. Secondo me, torna.</span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-46983144490614521622022-12-31T18:24:00.003+01:002023-03-31T18:58:52.415+02:00Buoni spropositi<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Facciamo schifo</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quando ti senti da meno, guardati intorno. Magari non lo mostriamo sui social ma fidati, siamo tutti dei sacchi di merda, letteralmente. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Certo, qualcuno sembrerà migliore degli altri, per fortuna: tieniti stretto chi infonde la speranza di un mondo migliore, nonostante tutto, ma accettiamo che queste persone sono rare, limitate e umane.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mi raccomando, occupati della tua pattumiera, prima di ravanare in quella degli altri. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Serve tempo</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">In qualsiasi caso, c’è bisogno di tempo. Pensare di non averne è il modo più veloce per perderlo. Ci hanno insegnato che bisogna sempre andare veloce, ma è un’idea della società iperproduttiva e consumistica, che ci vuole stanchi più che soddisfatti e comunque in imbarazzo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Avere fretta è una cazzata, a meno che non si voglia farlo male e non godere.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Incazzati</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuno si piace arrabbiato – figuriamoci arrabbiata – perché la rabbia è l’emozione meno accettata dall’educazione alla compostezza che ci hanno imposto, anche se vuol dire ipocrisia. Invece incazzarsi fa bene e la rabbia è un motore potente. Pensa che mondo peggiore sarebbe, se nella storia qualcuno non si fosse così incazzato da fare opposizione, resistenza e rischiare di rimetterci la faccia o la vita.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Più arrabbiati, meno rassegnati, ché non manca mai qualcosa o qualcuno per cui lottare. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il dolore ci ricorda che siamo vivi</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Bella consolazione, lo so. Ma qual è l’alternativa? Negare? Far finta? Distrarsi?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">L’unico modo di trattare il dolore è patirlo. E il dolore è dolore: un rifiuto, uno sbaglio, una separazione, una brutta notizia, il dolore è sempre dolore. Ma parliamoci chiaro, le canzoni che ci scrivevamo sui diari a scuola, non si compongono con la spensieratezza e ogni tanto fa bene anche stare male. Per esempio, nascere non è una passeggiata per nessuna delle parti coinvolte, ma l’alternativa è la morte.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se soffri, almeno ti assicuri di aver vissuto.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna famiglia è sana </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il Natale è stato inventato perché potessimo sentirci ancora più frustrati, obbligati a passarlo in famiglia (se ne abbiamo una) a confrontare la propria con l’immagine – ma è solo un’immagine – delle famiglie degli altri. Però dietro le foto c’è tutt’altro scenario, perché nessuno cresce indenne ai traumi e, diciamocelo, i dolori più grandi ce li possono procurare proprio quelli che ci generano: etimologicamente i parenti, la nostra prima fonte di amore, anche quando non è amore, che poi finiamo a replicare su chi proviamo ad amare e somministriamo anche a noi stessi. Per crescere bisogna separarsi.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci auguro di abbandonare al più presto la coltivazione di sensi di colpa, o almeno di procurarci le colpe.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Gli elefanti non scopano con i conigli </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Così, plagiando un’immagine del Kamasutra, per dire che non siamo tutti uguali, perché non abbiamo tutti le stesse possibilità – economiche, sociali, geopolitiche, ma pure mentali, emotive, immaginative. In questa parte di mondo privilegiato mi sembra che ancora la mia generazione si divida fra chi guarda l’abisso e chi, immobile sul precipizio, non osa lo sguardo oltre la punta dei piedi. Capisci come sei, non biasimare troppo chi non è come te e fattene una ragione, anche quando non è per niente ragionevole. La diversità è ricchezza, anche se ogni tanto ti viene da contraddirti. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non capiamo un cazzo</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">È un casino. I momenti di epifania in cui sembra che la vita abbia senso non sono la normalità, così come la felicità non è la quotidianità e non è una scelta. Sopravvivere è faticoso, figuriamoci sentire, resistere, provare. Se ci riusciamo, cinque alto, è un miracolo a cui prestare fede; altrimenti non sentiamoci sbagliati, se in un mondo immondo ci viene solo da piangere – sarebbe allarmante il contrario.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">I social pullulano di frasi motivazionali e va bene, perché è sintomo che siamo demotivati e che pensiamo di poter comprare una cura e che sia veloce. Ma ti svelo un segreto: nessuno ci ha capito nulla. Nemmeno io. E va bene così. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Godi più che puoi</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b></b><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Duemila anni fa, lo diceva già Orazio: oggi abbiamo un giorno in meno e il futuro non ci è dato conoscerlo. Prenditi questo presente, che non a caso si chiama così, perché è un regalo. Scartalo, consumalo e ricordati che è l’unico che abbiamo, irripetibile. Ma non pensarci, Leuconoe, piuttosto fai e fai quello che ti fa stare bene. E se ora non puoi, osa mutare, bastano cambia-menti piccoli per iniziare, poi un giorno ci svegliamo dentro menti cambiate e di nuovo starai bene, fidati di te come ti fidi degli altri; meglio, persino. Ricorda allora che panta rei, quindi, ancora una volta goditela finché puoi. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Esci</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b></b><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vai fuori. Vai fuori dai luoghi comuni, dai destini, dagli oroscopi che non ti conoscono e dalle opinioni degli altri. Prova ad andare fuori dai pensieri che hanno fissa dimora nella tua testa e vai fuori di testa, che è prerequisito a innamorarsi e se non ti innamori, cosa stai facendo? Vai fuori di te ogni volta che puoi, altrimenti è un lockdown, che rischia di farti odiare le pareti che portano il tuo nome. Fuori, è vero, potresti ammalarti, ma non è preferibile morire sanissimo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vai fuori, o restando dentro, esci dalla vita. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Dimentica</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Anche se non vuoi, lascia andare.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Fatti annientare e rinasci nuovo, senza ricordi.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La vita è una, ma la letteratura ci insegna che possiamo contenerne di più, a costo della fiducia, immensa e fragilissima, di riavviare i motori e ripartire. Quindi, non annoiarti. Magari domani sei già in un altro film, in cui stai bene, vivere è piacevole e difficile il giusto, te la godi, esci e quando rientri, ritrovi gli arredamenti diversi, ma in ordine, magari inviti qualcuno a salire. Perché alla fine, la vita è fica e tu non sei da meno – infatti ricorda da dove vieni. Dimentica capodanno e passa solo una serata indimenticabile, anche se la dimenticheremo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Senti, non fa poi così schifo. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-22232293481621909822022-12-11T18:48:00.002+01:002023-03-31T18:49:57.994+02:00Memorandum<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se la testa si fa labirinto, esci. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se necessario, fingi di essere normale. In ogni caso, vestiti. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Hai assaggiato la carne di cavallo: ti piace. La te che ha fatto sei anni di equitazione è sotto shock in un angolo, forse della testa, forse dello stomaco. Comunque fa’ la signorina, tieni per te qualsiasi battuta su Cicciolina. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Puoi ancora uscire alle quattro da un locale e andare a mangiare un panino lurido con patatine fritte. Occhio però al freddo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ricordati i guanti. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ricordati che hai un’auto in cui il tasto per disappannare il lunotto consiste in te che scendi e cerchi di sgelare il vetro da fuori. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ricordati che non è una buona idea farlo a mani nude. Nemmeno a bestemmie. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Hai parcheggiato dopo il passo carraio. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il superpotere dei quasi astemi è che ti basta un gin tonic per pensare meno. Dopo due, inizi a ricordare meno automaticamente come si torna a casa. Dove. Quando. Perché. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ballare è meglio di parlare. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Sudare però è meglio d’estate. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se domani ti svegli raffreddata, non farti gaslighting: è tempo di tornare a rischiare di ammalarsi in cambio di una bella serata. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-35961879986804698352022-11-10T18:18:00.004+01:002023-03-31T18:33:54.566+02:00Come stai, in una parola? 4<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><i style="caret-color: rgb(25, 25, 25); color: #191919;">[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]</i></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Stufa</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Devo confessarti che più albe vedo, più mi convinco che la bellezza sia inesauribile, però si contamina con le brutture, che di tanto in tanto ci sporcano la vista e la vita.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vedi, qui non ho molto: una stanza di legno con l’acqua ghiaccia, un tavolo sghembo, un letto e una stufa che puzza, ma tu spingi gli occhi là fuori. Le montagne ci guardano, sembrano enormi santuari votati alla Luna, che in cambio le fa brillare e giocare con le ombre. Mi ricordano che, a volte, per combattere le delusioni, basta il coraggio di uscire e lasciarsi stupire. Tu ora non demordere. In cambio, vedrai, le montagne restano lì ad aspettarti. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Incolto</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Stamattina il signor M. si è alzato diverso. Beninteso, la sveglia è suonata solita, precisa, ha fatto tre squilli come ogni giorno, è stata spenta e dopo lo stiracchiamento di cinque secondi e mezzo, anche le gambe hanno avuto il quotidiano incontro con le pantofole, giù dal letto, parallele sul tappeto. Poi tutto è proceduto regolare fino al bagno, tredici passi, uno sbadiglio, una grattata alla chiappa sinistra, lo sciacquone e un altro sbadiglio. Il rubinetto aperto tutto dal lato caldo, due pompate di sapone liquido, un colpo di tosse, ma poi, riflesso nello specchio, sulla faccia di M. è apparso qualcosa che non vedeva da anni: la ricrescita della barba, che la sera prima si è dimenticato di farsi. I secondi a toccarsela, incredulo, hanno scompaginato l’intera tabella di routine del mattino e, ormai perduta, M. si è ricordato di avere delle ferie arretrate e una gran voglia di rimanere così, incolto, almeno fino alla prossima sveglia. Perché a volte la pratica migliore è non fare. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Fluttuare</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Credo che le coperte abbiano un potere ancestrale. Quando si sveglia prima della sveglia, rimane con la bocca sotto le lenzuola a far finta di non voler prendere sonno di nuovo. Sono soffici e sanno di casa e lui adora fluttuare in uno stato di paralisi appagante, come quando ci si sta per addormentare, così quando ci si dovrebbe alzare: tutto ciò che ingombra la testa sembra più gestibile, lento, silenzioso, come di fronte all’oceano. L’importante è non affogare nel mare di coperte, mentre ci si convince che uscirne o non uscirne non faccia alcuna differenza. Invece la fa e che ogni umano ne fosse consapevole, sarebbe l’inizio di una società del benessere. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Wof</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Fuori, il grigio del cielo fa risaltare i tetti, gli edifici sembrano più spigolosi. Dentro, fa freddo, i capezzoli delle centraliniste innalzano un controcanto all’architettura esterna, sotto i tendoni fatti dai maglioni. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Un’altra giornata di turni al Wof - World of fetish procede, fra una chat con uno che vorrebbe leccare piedi e una telefonata per noleggiare una croce di sant’Andrea. Tutto regolare.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">F. sta parlando di lubrificanti e ne consiglia uno al silicone per l’occasione, una penetrazione anale con un toy tentacolare, intanto in mezzo all’archetto dell’auricolare si fa strada un pensiero strano, imbarazzante e proibito: vorrei un lungo abbraccio. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Perdo</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Maledetta ora solare, si accendono i lampioni prima che uno esca dall’ufficio, così per mantenerci, finiamo a barattare il sole. Se lo ripete in silenzio G. e scuote la testa, mentre cerca le chiavi dell’auto. Le trova, quando nelle cuffie gli parte la penultima dell’ultimo album dei Phoenix: ogni volta che mi innamoro, perdo un po’ di musica. Skippa la traccia. Torna alle chiavi. Le infila nella serratura, in un secondo è sul sedile, va alla cintura di sicurezza con un gesto automatico.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nella vita quanto è difficile combaciare.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Clic. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Torna alla traccia che aveva saltato e parte. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;"><br /></span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><b><span style="font-family: arial;">Vivo</span></b></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Caro A., se torni su questa pagina significa che la mattina fai di nuovo fatica ad alzarti. Non incolparti. Ecco alcuni consigli direttamente da te stesso.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Respira fino in fondo. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mentre tieni gli occhi fissi sul nulla supino, o ti accartocci tra le lenzuola, pensa che in un universo parallelo un altro te, né più né meno meritevole, sta ridendo fino alle lacrime, un altro senza motivi apparenti si sente perso ma orgoglioso, riceve un premio, un altro sta avendo un orgasmo. In qualunque momento puoi ricongiungerti a loro e superarli. Basta provarci. Come? Provando. Al netto dei disgustosi privilegi, è così per chiunque e tu non sei da meno. Tu meriti di stare bene. Lo so che non basta volerlo, ma provarci è già stare meglio e per provarci, basta provarci. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Lo senti il corpo? Ce l’hai, ti serve da una vita. Metti su quella canzone che ti faceva ballare. Muoviti a tempo. Senti? Sei vivo.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ora decidi se perché te lo devi, perché comunque puoi, o perché vuoi, in ogni caso lavati, vestiti, portati fuori e trattati con gentilezza. Perché – lo so che è sfiancante – tu sei tu e nessuno può sostituirti. Riprenditi il diritto di immaginarti felice e provaci. Magari ci riesci, magari no, ma intanto perderai il conto di quanti universi hai creato, solo vivendo.</span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-19969738886746935272022-08-09T18:12:00.008+02:002023-04-01T05:59:33.087+02:00Come stai, in una parola? 3<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><i style="caret-color: rgb(25, 25, 25); color: #191919;">[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]</i></span></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Eroso</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Nel 4B da tre mesi, subito dopo i pasti, il rumore ostinato di una goccia pervade la cucina, poi smette, lascia gli inquilini stupiti e stupidi, di fronte a una casa priva di gocce, ma che per venti minuti fa come se gocciolasse, due volte al giorno. M. ha pure chiamato la proprietaria, ma anche lei non ci ha capito nulla. Nessuno ha capito che quando i piatti bagnati approdano sullo scolapiatti, lo inclinano, l’acqua scivola fino al muro eroso, si infiltra e poi sgocciola, attutita, timida, tra un mattone e un mattone sbeccato, nel muro. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Lo chiamano il Mistero. Hanno ipotizzato coinquilini morti, che portano il digestivo dopo i pasti e ora tutti i giorni se lo aspettano, come le campane, quasi hanno paura che smetta. Che alla fine, avere spiegazioni per tutto, non è gran cosa. Meglio tenersi la spinta di fronte a qualcosa che vorremmo capire e ancora ci sfugge. Sembra un innamoramento. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Sola + Altalenante + Mutuo </b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">In una metropoli dagli affitti per coppie, difficile è l’equilibrio fra solitudine e dipendenza.</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Da quando ha divorziato dal suo più recente amore, nel suo bilocale all’ultima fermata di metro, E. si sente come Mina in Città vuota, ma più orgogliosa, quindi procede, altalenante, fra il desiderio di indipendenza e la netta sensazione che siano salvezza altre due braccia per infilare il copripiumino. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Smettila.</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Così, D. rompe il silenzio che cala quando finiamo di lamentarci e aspettiamo le coccole. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Smettila. Tu sei più di un bilocale, sei più di un mutuo da pagare, per lasciarlo pagato allo stato quando moriremo. Non lo vedi? Guarda: la cartina, il mondo. Hai idea di quante possibilità moltiplicate per ogni continente, nazione, regione, città, paese, persona? Riesci a quantificare la perdita che rischi, a chiuderti in una scatola strapagata, che nemmeno vuoi e in cui sentirti abbandonata? Smettila con questa storia. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Diresti mai a un’isola che è sola?</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">A una montagna? A un lago? Al mare?</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ecco, guarda: tu sei tutto quello che puoi immaginare. Lo capisci che non ci sta manco in casa della Ferragni?</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ti prego, smetti di stancarti e lasciati vivere come puoi. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Ristrutturazione </b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Domani chiudo le palpebre per ventiquattr’ore: spolvero i ricordi, lavo i pavimenti alle stanze dei pensieri e riordino quei maledetti libri scontabili, che immagazzino ogni volta che mi sento in colpa negli scatoloni del dubbio. Ma la vera ristrutturazione dovrebbe occuparsi degli oggetti dai contorni mobili: l’irrazionale, ne sbatto i tappeti che cambiano forma, ritinteggio le pareti dei sentimenti che mutano colore e rivernicio gli infissi delle emozioni, incontenibili.</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Vorrei riaprire le palpebre ed essere una versione migliorata di me dove abitare, pulita, almeno durante le vacanze. Ma la verità è che qualsiasi ristrutturazione di noi stessi anzitempo finisce in muffa, così come i riordini sono destinati a venire disordinati, sennò non si vive. Bisogna avere pazienza e lasciarsi asciugare, col tempo; le vite, se serve. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Scarica</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Il cielo era nero, le nuvole impronte di scarpe sporche in un appartamento con la luce a intermittenza da lampadine rotte e impolverate. Quanti danni ci ha fatto il Romanticismo, pensava, pensando al cielo così consonante con il suo paesaggio interiore: fanculo Werther, ti è bastato spezzarti il cuore una sola volta per toglierti la vita. Eri proprio un coglione privilegiato, le labbra pronunciano fra di loro questa frase, mentre un fulmine si scarica sul parafulmine della casa di fronte. Uno spettacolo mai visto. Resta un odore elettrico e G. con il telefono fra le mani, batteria quasi scarica, però un video si poteva tentare. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Comunque Goethe è sopravvalutato. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Niente, non è successo nient’altro. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Attonitogioioso</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">A quelli che dicono che conta come reagisci a ciò che ti capita, più di ciò che ti capita, nella vita non dev’essergli capitato proprio un cazzo – e sì, con quel pronome pleonastico, a sottolineare che nelle nostre vite le cose che dipendono da noi contano ben poco, vedi le parole.</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Per esempio, oggi T. non si è fermato un attimo, ha preso quattro treni, due passaggi in auto, cambiato un paio di alberghi e poi comunque con quel vizio di scuotere frenetica una gamba, anche a stare fermo, non sarebbe stato fermo. Solo alle 20:02 si è concesso di prendere una sedia, tenere a bada la gamba e guardarsi il palmo della mano sinistra, carta idrografica di sudore e calli, ma chi l’avrebbe mai immaginato che si sarebbe posata una coccinella? Nella pianura fra Tigri e Eufrate, proprio al centro della mano e T., tutto fermo, per la prima volta nelle ultime quarantotto ore, può dirsi meno tristemovimentato e più attonitogioioso. Le apre anche l’altro palmo, vicino, magari ha bisogno di passeggiare. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Germanizzato</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Oggi altro colloquio. No, quello è saltato, invece per quello di lunedì mi hanno già scritto che mi hanno scartata, questo è un altro. Sì, speriamo. Ma quando ho chiuso la videochiamata, sai a cosa ho pensato? Ti giuro, al popolo latino germanizzato dopo il crollo dell’impero. Sarà colpa del Manzoni e Thierry: dovevano sentirsi davvero spaventati, disorientati e atterriti. Chissà. Poi di nuovo fronte china e a lavorare, qualsiasi cosa accada. Ecco, D., io te lo dico: ci è costato tre lauree diventare gli oppressi. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Lussureggiante + Sudato</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">L’ultima estate migliore di quelle a venire. Otto del mattino, trentacinque gradi, sulle lenzuola abbiamo già sudato l’acqua che berremo a Ferragosto. Più che dormire, ci dissociamo per qualche ora, tu ora sdraiata al mio fianco non sei ancora rientrata in te e a finire la ricreazione arriverà la sveglia, fra sette minuti. Sette minuti per osservarti inosservato, a dare ritmo alla maglietta, lento, con le labbra socchiuse e madide. Leggo i geroglifici che i capelli ti disegnano sulla nuca, mentre il resto della pelle lucente che percorre il materasso, da qui è una scultura di quelle paesaggistiche, imponenti, che si vedono alla Biennale, un simbolo liquido, come il mare che riga la battigia quando l’onda si ritrae: non conosco l’alfabeto lussureggiante che ti veste quando seminuda mi dormi a fianco, ma purtroppo suona la sveglia e forse un’altra estate te lo chiederò. </div></span><p></p><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Fragola</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Fragola e panna. </div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Come, scusi?</div></span><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">– Mi ha chiesto che cosa mi motiva: ecco, la risposta più onesta e attuale e immediata che posso darle è fragola e panna. Ho riscoperto questi gusti semplici, da bambini, mi piace prenderlo così ultimamente. Non ha pensato che anche adesso, io e lei, potremmo andarci a prendere un gelato, anziché rimanere in questa stanza con le finestre sigillate a fingerci la versione migliore del nostro cv? Perché i colloqui non si fanno davanti a un gelato, chi l’ha stabilito? Se l’è mai chiesto? E sa perché proprio fragola e panna? Perché quando avremo finito qui e avremo proprio finito, perché fuori dal suo ufficio ho incontrato altre ragazze con qualche master in più e si sa che i titoli contano, forse un’evoluzione di quelli nobiliari, chissà? Ecco, io sono entrata già sconfitta. Ma quando avremo finito, io uscirò di qui e andrò a prendermi un gelato panna e fragola da 2,70 perché quello ancora non me l’avete tolto. E sa cos’altro non mi toglierete e rimpiangerete? Questa testa.</div></span><p></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-29743671560884953462022-08-01T18:08:00.003+02:002023-03-31T18:50:09.340+02:00<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">È il 4 agosto 2012, compi 19 anni e ti rifiuti di scriverli in numeri, perché le parole in numeri, dai; follia.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Hai diciannove anni e grossi piani fra i capelli, che tieni raccolti perché hai paura che il vento ti spettini e insieme disordini i pensieri, così precisi, ritagliati dai libri e dai film, che ti hanno estorto qualche sabato sera al prezzo dei primi baci, in cambio di una testa pettinata, mica come quella pazza di Ermengarda, con le trecce sparse sul petto in accusativo di relazione. No, noi saremo Carlo Magno, la notte di Natale.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Hai diciannove anni, le cose che ti fanno paura le hai cacciate sotto lo chignon, lontano dagli occhi lontano dal cervello, tanto sotto, che quasi osi dire che non ti spaventa niente, perché niente rimane vergine di spiegazioni sotto quella testa acconciata; nulla può andare storto.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Dieci anni dopo posso dirti che nulla andrà come credevi. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se si potesse tornare indietro e se gli output fossero prevedibili dagli input, mi piacerebbe che ascoltassi da te stessa alcune parole numerate. </span></p><ol>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La vita non è una tragedia scritta da Manzoni. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Le persone sono un casino. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Tu sei una persona. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quello che ti sembra normale, non è normale. Vale anche per l’amore, soprattutto. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Cerca di non vergognarti, perché non esiste vergogna così imbarazzante da meritare il silenzio. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Parlare con gli altri, a volte, salva la vita. La tua è fra quelle. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non sei come i tuoi genitori, per fortuna.</span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuno è ciò che gli capita. Questa sarà dolorosa da capire e difficile da mantenere, ma prima impari cos’è l’ingiustizia e l’immobilità sociale, prima puoi denunciarle.</span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non hai colpa degli errori degli altri. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nonostante i tuoi inesausti sforzi ad accontentarli, non sei l’anticristo che ti hanno soprannominato. </span></li>
<li style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Meriti di essere felice. Sarà forse la scoperta più faticosa che farai e ancora devi difenderla, ma fidati, vuoi, puoi e devi stare bene. Se qualcuno insinua il contrario, mandalo affanculo, chiunque sia. Se qualcuno sei tu, vai in psicoterapia. </span></li>
</ol><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il 4 agosto 2022 compirai 29 anni. Ora scrivi anche i numeri.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il futuro rimane un parco giochi invisibile; se giochi, ti spettini, ma stai un gran bene.</span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-56118470002845885252022-06-04T18:33:00.003+02:002023-03-31T18:34:51.436+02:00Come stai, in una parola? 2<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><i style="caret-color: rgb(25, 25, 25); color: #191919;"><span style="font-family: arial;">[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]</span></i></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b><br /></b></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Piena</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Stamattina C. non ha preso il caffè. Se ne pente appena approda sulla banchina affollata e il treno fermo con la gente schiacciata fra le porte, in filodiffusione la vocina arrugginita del conducente: lasciar chiudere le porte. È scocciato.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nulla è cambiato dalla pandemia, pensa, immobile, dopo un’altra nottata insonne non sbatte più le palpebre.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">“È piena.” Una voce, non metallica, distrae il suo sguardo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">“Dico la metro. È piena.”</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">“Già.”</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">“Poco male, aspetteremo quella dopo.”</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Con il vento artificiale del vagone che si allontana, C. e P. spalla a spalla, come sulla copertina di un manga ambientato a Tokyo, iniziano a parlare e, perfetti sconosciuti, ancora non sanno che guarderanno film dallo stesso divano, spalla a spalla. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Boh</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Ma ti rendi conto?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">L. si rende conto. È finita. Lo sanno entrambi, ma è difficile ammetterlo e ancora di più dirselo a vicenda. Quando si smette di coincidere, bisognerebbe lasciarsi come i procioni nei meme, dopo che hanno scopato attoniti sui tetti o, se preferisci qualcosa di meno animale, come tappo e tetrapak, pacificati, ognuno nel proprio bidone della differenziata. Mai più insieme, per sempre un po’ simili. Come due foglie della stessa palma. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Queste similitudini non le condivide. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Allora, hai qualcosa da dire?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Boh. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Davvero, sei serio?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Senti, ho capito, lo so. Domani inizio a portare via la mia roba. Ma adesso ti va di andare a guardare le stelle sul tetto?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Sbilenco</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Questo superpotere dei trenta, per cui stai bene con gli altri ma stai tanto bene da solo, a G. non piace. È la dodicesima persona con cui esce in questo mese e mentre gli parla, vede il bivio: uscire tenendosi per mano, oppure tornare a casa a mani vuote. Uscire insieme, dormire insieme, rifarlo e fidanzarsi, sposarsi, litigare insieme e disimparare la solitudine, sempre insieme, oppure restare uguali a se stessi, finché si può. Si sente sbilenco, come lo sgabello su cui finge di ascoltare, spostando il peso da una gamba all’altra, da un epilogo a un altro e comunque, il vero superpotere è sapere di poter scegliere.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Si alza. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Diluito</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ormai è una tradizione che ha paura di infrangere. Venerdì, arriva l’ora di chiudersi dietro la porta dell’ufficio per due giorni interi. Estrae il telefono, apre Tinder, il primo profilo distante almeno cinque chilometri, con gli occhiali: match! Stasera però il drink è più diluito, comunque abbastanza da evitare la solitudine della fine – settimana – o quantomeno anestetizzarsi un po’, in due, prima che i doveri tornino a soffocare il vuoto dei desideri. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Effervescente</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Le file in farmacia sono meno monotone da quando la macchinetta sputa biglietti grida il reparto in cui si fanno acquisti, così se qualcuno è qui per i profilattici possono intuirlo tutti, tipo ora: il verdetto è igiene personale, allora ragazzo, normali, sottili, ritardanti, o dentifricio? XL? Io e la signora con l’integratore effervescente con ferro e vitamina c vogliamo saperlo; chissà chi avrà la serata più effervescente. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Ansia</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Scale, biglietto, tornello, scale, banchina e lanciati!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Metro presa. Le porte si chiudono, la gente mi guarda, batticuore, in galleria le finestre diventano specchi non richiesti: ho ancora i capelli bagnati che sembra che abbia sudato, merda, il vestito forse è troppo scollato e questo cuore in gola perché non rimane nel petto?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mi ero scordata che l’ansia a volte viene anche per le cose belle. Rivedersi dopo dieci anni. Ma cosa pensiamo? È cambiato e ricambiato tutto. Anche a quarant’anni ci si può sentire adolescenti alle prime volte? Almeno il sorriso mi sta proprio bene. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Via Lattea</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Dopo il terzo drink e qualche sigaretta, che tanto non conta perché è festivo, F. cammina verso casa con le mani in tasca. Odia tenerle ciondoloni, come se non sapesse che farsene, come non sa che fare con quell’opportunità di lavoro all’estero, pagata uguale, ma più scomoda, diversa, lontana e chissà. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La via è buia, silenziosa e deserta, finché un petalo di geranio non gli plana sul naso. Estrae le mani e alza gli occhi, scopre che di notte anche le metropoli sono supervisionate dalle stelle.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se avessimo la certezza di essere soli nella Via Lattea, non esisterebbe più cura alla depressione. Per fortuna non sappiamo nulla, nemmeno dove mettere le mani quando guardiamo il cielo e proprio per questo conviene andare a tentare tutte le vie che si può. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Insoddisfatto</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Insoddisfatto è il mio secondo nome, vorrebbe interromperla per dirglielo, ma non è il caso di sfoderare simpatia allo sportello della posta. Si limita a dirselo a voce alta nella testa, ride anche, guardando il proprio riflesso nel vetro di fronte e indirettamente il viso dell’impiegata. M. vorrebbe tracciarne il profilo con le dita, come facevamo da piccoli sulle finestre appannate, poi aggiungerle un fumetto che dice: buongiorno e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte! Ma anche questo rimane solo nella testa, però uscito di lì, passerà di fronte alla gelateria e per una volta entrerà a prendersi un gelato, tutto puffo, senza rimpianti per una volta, come faceva da piccolo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Sciolta + Spalancato </b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Qualcuno nel condominio di fianco ascolta una vecchia canzone. Anche quest’anno l’estate in città si preannuncia una granita sciolta nel portabicchieri durante una gita in montagna, strabordante per tutti i sensi. Chi cresce immaginando il mare fra i palazzi, sa fin dall’infanzia che questa stagione è pericolosa, appiccica addosso i pensieri, rallenta i riflessi, breve ma piena di tornanti. Il problema è che ci lascia sospesi a fare i conti con la nostra limitata umanità, di bassa pressione e alte pressioni, aspettative, ambizioni. Da soli. La nausea.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Almeno la Luna rimane in città, I. ha spalancato la finestra per farla entrare. Stasera i ricordi sono come fumo sopra un tavolo da poker, eppure dopo ventisette anni dalla sua morte Mia Martini ancora canta: La voglio in faccia la verità / E se sarà dura / La chiamerò sfortuna.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Per alcuni l’estate è un dolore che sa di solitudine e immobilismo, ma anche le peggiori sfortune poi passano e resta la musica. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Britneyspears</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">F. balla e come capita ogni volta che si dimena con un bicchiere in mano in mezzo a gente che non parla la sua lingua, pensa a tutto e a nulla che ricorderà una volta sorto il sole. Peccato, perché in tutto quel sudore realizza che alla fine l’insegnamento che davvero conta è fregartene dei giudizi degli altri e vivere come Britney Spears, ma senza padri.</span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-28625733438170771142022-05-07T18:22:00.003+02:002023-03-31T18:58:39.457+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Come va?</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Mi piacerebbe mandare questo messaggio a tutta la rubrica: due parole e un punto di domanda per un totale di sei semplici fonemi, che però chissà che differenza farebbero nella giornata di qualcuno, almeno, almeno nella mia. </div><div style="text-align: justify;">Se la risposta è bene, siamo fortunati. Forse vi risponderei con uno smile e di certo mi sorprenderei a immaginarvi sorridenti, sorridente, perché per me sarebbe una gran conquista imparare a contattare chi pensiamo, anche fuori dai film. Bastano coraggio, spensieratezza e fiducia q. b. e gli stessi ingredienti valgono per non vergognarci di essere chi siamo, che di solito è una buona base al benessere. </div><div style="text-align: justify;">Se invece la risposta al come va è male, mi dispiace; ci dispiace, ché l’empatia è altro allenamento a coraggio, spensieratezza e fiducia.</div><div style="text-align: justify;">Se va male, vi direi – nulla, perché quando stai male, stai male e non c’è niente da consigliare. Solo il tempo e qualche fortuna possono curare. Però una cosa non riuscirei a trattenerla: fidati, si può stare bene. E anche se non posso fare niente, voglio almeno essere testimone, che stare bene è possibile e un diritto, che dobbiamo pretendere fortissimo. Quindi, se va male, fai spazio per una sola stupida idea, a cui prestare tutta la fede che riesci a elemosinarti: possiamo essere felici, nonostante tutto. Capita, davvero, che un giorno ti svegli e senza dirtelo, sei una persona diversa. Hai cambiato interni, l’arredamento è di tuo gusto, non sbatti più contro tutti quegli spigoli, ora c’è più spazio, una finestra da cui entra il sole e tu balli in mutande, anche se i vicini ti vedono. E ogni gesto diventa piacevole e ogni minuto sensato e ogni pensiero possibile e i respiri vanno fino in fondo; vivere non è più faticoso, al massimo stancante, ma va bene, come alla fine di uno spettacolo in cui siamo attori, autori, pubblico pagante e siamo andati in scena, nonostante tutto ed è stato un successo.</div><div style="text-align: justify;">Allora, come va?</div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-27353432275752276132022-04-30T18:26:00.012+02:002023-03-31T18:35:25.631+02:00Come stai, in una parola? 1<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><i>[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b><br /></b></span></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><b style="font-family: arial;">Zukunftsangst</b></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Tornare indietro, anche di poco, per addormentarmi guardo le foto di quando ero piccolo, la nonna parlava tedesco, mi piace pensare al passato, soprattutto se non l’ho vissuto, Foscolo mi pare, la letteratura classica per consolare del presente, no? Boh, la nonna, c’era una parola: Zukunftsangst. Ho paura di quello che non conosco, il futuro mi fa paura, dicono che è dei giovani perché vogliono sbarazzarsene, perché è una bomba in una scatola chiusa, io ho paura di domani, del secondo che è ora e non so dove va a finire, e quello dopo e quello dopo ancora, del sogno che sta per arrivare, forse, incubo. </div></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><div style="text-align: left;"><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Gnocchi</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La stanza si è riempita di parole e sguardi, come un lampadario invisibile e pesantissimo, appeso a un filo. Poi le parole sono sparite e sono rimasti soprattutto i suoni, senza senso, prima incalzanti, poi più alti, fino a urlati. Silenzio. Nei piatti gli gnocchi sono diventati pezzi di neve e grandine. Gli occhi non si incontrano più e le bocche sigillate guardano i piatti, che assistono al litigio più infame della storia del 3C. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Accartocciato</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mi sentivo al sicuro, caldo, accarezzato, importante. Avevo una ragione per continuare a vivere e mantenermi presentabile, stirato, pulito, in ordine. Uscivo ogni ora e potevo rientrare nel posto sicuro, sicuro che ci fosse una ragione. Ora è freddo, buio e polvere. Ieri G. mi ha accartocciato e buttato nel bidone della carta. Insieme a fazzoletti sporchi, tovagliolini e un cartone della pizza non ho più senso e so che nessuno avrà memoria della lista di cose da fare che mi aveva scritto sulla pancia di quadretti e cellulosa. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Swish</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il vento parlava ai poeti del Novecento, ai duemilleschi forse resta la nostalgia del silenzio e lo smog. A questo penso, aspettando il treno ogni sera, come se potessimo davvero scrivere i pensieri, come se pensassimo davvero come parliamo, comunque in sottofondo un gran freddo e a frusciare solo gli altoparlanti mal funzionanti, mi sale il mal di testa…</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Swish. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Come?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Il vento. Il vento fa swish. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Annuisce imbarazzato. Potrebbe essere l’inizio di un film, forse alla fine chiama la vigilanza perché non è rassicurante un estraneo che ti dice swish sulla banchina, ma pensa tutto e niente di queste parole. Guarda una cartaccia sui binari: volteggia. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"> </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Verza</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Piove. Silenzia il telefono. Sulle soglie dell’orto non odi parole che dice metalliche, nei vocali velocizzati, di stress metropolitano, ma odi parole più nuove, che parlano gocciole e foglie: ascolta. Piove. Sulla verza, che abbraccia la sua verzura, mentre noi andiam di aiuola in aiuola e il tran tran non è che un ricordo. Qui l’unico suono umano concesso sono respiri. Taci. Baci. Piove. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Pesante</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il laghetto del parco è uno specchio di cielo riflesso. Con qualche foglia fra le nubi e i pesci che volano, sembra un acquario di qualcuno con molta fantasia e tanta voglia di disorientare Nemo. Si aggiunge anche la pioggia e le gocce, che mi chiedo fino a che grado di profondità mantengano la loro identità, prima di diventare laghetto anche loro, come le gocce d’acqua che già c’erano, le foglie, i pesci, forse anche le nubi, poi il suono di qualcosa di più pesante: il telefono di una ragazza ha fatto spluf. Lo guarda, nuovo sasso sul fondo, o forse anch’esso acqua ormai e lei, al contrario, se ne va più leggera. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Stanca </b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La musica esce stanca dalle casse. È tardi, talmente tardi che forse questo tardi si può chiamare presto e la gente è già a letto, o ancora a letto. Anch’io sono stanca, ma non abbastanza per trascinarmi a letto – o forse troppo stanca per trascinarmici. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vorrei chiudere gli occhi, riaprirli con il sole e dieci anni di meno, un futuro più lungo e la storia – e le storie – ancora a trama aperta, migliorabili. Sono stanca degli antagonisti e del genere tragico e che, nonostante tutto, per sopravvivere, ci si debba convincere che siamo in una commedia, scritta al buio. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Astronauta</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La Luna è vicina, incorniciata, a portata di mano; una perla imperfetta e luminosissima. Vorrei ricordarmi più spesso quanto sono piccolo e quanto piccolissime siano le pietre che mi appesantiscono la testa, polvere, rispetto all’immensità del possibile, che alla fine è proporzione con la nostra immaginazione: basta allenarla per tentare quello che sembrava impensabile.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Come un astronauta in missione, D. dà le spalle al poster della Nasa. Per la prima volta da quando si è trasferito, nota una macchia a forma di viso sul pavimento. Sorride. Domani si alzerà e sa che cercherà di non calpestarla. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Male</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Male male male, pensa. Si accorge di aver schiacciato il tappo della penna fino a imprimersi il tondino nel pollice. Ora pulsa. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La campagna non sta andando come dovrebbe, dopo quattro stage non retribuiti, un full time che pagava solo l’affitto, gli straordinari, i fine settimana da cameriera e le gambe gonfie, finalmente un posto decente, ma la campagna non sta andando come dovrebbe, nonostante la luce nella sala conferenze entri come in un romanzo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– It’s a boy?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Yes.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">It is a male, pensa – non capirebbero, vivere lontana dalla lingua madre oggi dà la nausea. Forse anche la pancia le pulsa. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Congrats!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Recuperando</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">L’asfalto gocciola, oggi il caldo lo scioglie e le sneakers di migliaia di corpi asciutti e muscolosi lo modellano, passo passo. Mai avrebbe pensato di partecipare a una maratona e mai avrebbe pensato di non arrivare ultimo, ma A. marcia, non si ferma e sta recuperando posizioni. Mentre corre guarda avanti, ma non vede niente di preciso, corre e basta, tutti i sensi si sono rivolti all’interno: si ascolta, sa che arriverà al traguardo a un certo punto e allora lì, sì, si fermerà, starà male qualche secondo e dopo essersi appoggiato all’asfalto caldissimo, i palmi all’ingiù e gli occhi all’insù, vedrà, vedrà che ce l’ha fatta. Può spuntarla dalle cose da fare almeno una volta nella vita. Realizzerà che si è allenato, è andato avanti per ore, senza realizzarlo, poi solo pochi minuti, secondi forse, alla fine, ha visto e vissuto davvero il presente. Esattamente come tutti giorni, anche quando non indossa le sneakers. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Nevica</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Qui la primavera è arrivata inattesa, come al solito, ho ancora la giacca invernale e le calze pesanti, non ti dico al sole che caldo. Pensa che sono proprio dietro scuola, al parco, ti ricordi quando venivamo qui con i libri di chimica? Finivamo per non capirci niente e tanta era la luce che quasi non riuscivamo a leggere le pagine, tutte bianche sul prato, e le brioches alla nutella del bar che c’era? Tu avevi sempre il telo, io non portavo nulla. L’acqua forse... Pronto, ci sei ancora?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Sto passando sotto i mandorli, quelli di fianco alla statua della tipa, con le panchine intorno. Col vento perdono petali, sono ancora bagnati per l’acquazzone. Praticamente nevica. Da te com’è?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Intrappolata</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Mi dispiace leggerti così. Forse dovremmo smettere questa corrispondenza, le lettere sono per i vecchi, o i morti giovani e a te invece serve sole, vive voci e qualche amore sbagliato. Me li racconterai quando verrai a trovarmi qui. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Vedi, tesoro, quando avevo la tua età, mi sentivo intrappolata.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non capivo che era una bugia per compensare la paura grande che mi procurava la libertà di avere ancora tutti gli anni davanti. Ascolta la tua vecchia nonna. Da’ tempo al tempo, vivi più che puoi, come puoi, non rimproverarti mai. Un giorno ti sveglierai e con gli occhi ancora socchiusi penserai di essere a un passo dalla felicità. Invece, sarai già felice, ma tu non dirtelo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Grandinata</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">A. non usciva da nove giorni. Non sono tanti in confronto ai lockdown, ma stavolta non ha mai mosso le tapparelle: dev’esserci stato più del lavoro e della pigrizia. A me fa strano chiedere il numero alla mia dirimpettaia, quindi fingo di farmi i fatti miei. Mi limito ad andare tutte le mattine sul balcone e controllo se qualcosa nel palazzo di fronte, allo stesso piano mio, si è mosso. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Stamattina una finestra era aperta a metà. Vorrei appendere un cartello e scriverle CIAO! Anch’io a volte non voglio alzarmi. A volte spesso. Ma mi sento stupida e il cartello forse neanche lo vedrebbe.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Spero abbia trovato qualche chicco di ghiaccio ancora sul davanzale e si sia stupita di come la città sembri un cocktail dopo la grandinata. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Felice</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La sala è piena, gente seduta, gente in piedi, avevamo paura che dopo il covid non avremmo più saputo vivere come prima, invece quando siamo insieme dimentichiamo l’angoscia e torna la voglia di parlare, abbracciare, incontrare. Si fanno strada fra i tavolini e raggiungono gli altri due. Un appuntamento a quattro non è mai una buona idea, ma da qualche parte bisogna riniziare. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Ciao!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Ciao. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Lui è Felice.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Ciao, piacere.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Piacere, ti senti rappresentato dal tuo nome?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Colla</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ieri ho rotto un vaso. Fanculo Pandora, ho giocato al puzzle dei cocci e l’ho ricostruito, ma maledetto attaccatutto, di nome e di fatto; ho ancora la colla sulle dita, la sento come se potessi toccarmi senza toccarmi – domande da bambini saggi, alla fine noi non tocchiamo sempre noi stessi? All’epoca però la colla era vinilica e ci divertivamo a strapparcene le pellicine dalle mani e che buono quell’odore un po’ tossico. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Stasera c’è la pizzata con i compagni di scuola. Mi chiedo cosa penseranno dei miei polpastrelli ruvidi. Avrò una stretta graffiante. Il vaso mi guarda, la pianta ringrazia. Non mi interessa cosa pensano gli altri, non siamo più a scuola e mi sento ancora bambina ma, per carità, non voglio essere saggia. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Scrocchiarello</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Scrocchiarello!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Come prego?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Il capo lo fissa per qualche secondo e con una coreografia degna delle più inquietanti esibizioni di nuoto sincronizzato, anche il resto dei colleghi si volta a fissarlo. F. ha sonno, è l’ultima riunione della settimana e il cambio di stagione inizia ad avere un significato dopo i trenta. Non ha del tutto realizzato di aver emesso suoni dalla bocca, ancora spera di averlo solo pensato, mentre fissa concentrato il blocco di fogli davanti a sé, con la tavola rotonda a contemplarlo, ma il collega di fianco interrompe ogni speranza, sottovoce:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Come nome di un farmaco per l’artrosi?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Lisbona</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">In Rua dos Douradores soffia un vento secco, caldo, S. si sente abbracciata, è così tutte le volte che atterra a Lisbona e per un attimo si sente sveglia e calma, un equilibrio che a Milano sembrava impossibile. Tira fuori il telefono, fa una foto alla via, apre whatsapp, cerca la chat e a memoria digita Pessoa: Penso a volte che non uscirò mai da questa Rua dos Douradores. Invece. Guarda il destinatario, ma prima di abbassare il dito sull’invio, alza lo sguardo ai fili del tram: questa sera è proprio una buona sera. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><b>Strettocanaglia</b></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Signora, siamo in ritardo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Su su, veloci, finite di preparare, la carrozza è già fuori.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Strettocanaglia!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Clara! Non sono parole che si addicono a una signorina.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Ma mamma!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Nessun ma, quel corsetto più di così non può stringersi. Per favore, vogliate allacciarlo, grazie. E veloce infilati il vestito, che tuo padre è già in carrozza e Dio solo sa quanto odi aspettare. Dov’è tuo fratello?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">– Non so.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">T. era già all’ingresso, faccia a faccia con il ritratto del bisnonno. Estrae l’orologio dal taschino, guarda l’ora, guarda l’antenato, sente il padre gridare dalla carrozza e decide di slacciarsi l’ultimo bottone della camicia.</span></p></div>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-82320248979607773752022-04-26T18:20:00.003+02:002023-03-31T18:58:25.912+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quando diventiamo cattiva compagnia per la nostra ombra, andiamo al mare. </span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">In valigia lo stretto necessario. Una penna, l’odore della pioggia, il tetris che gioco con i libri della mia libreria, un po’ di calma ingiustificata e di stupidità. Tutti i ricordi allegri d’infanzia, le cose che non dico e il rumore che fa la mandibola quando mi concentro fino a dimenticarmi del corpo. Un corpo senza colpe, inizio solo ora a volergli bene, a dirgli che mi scuso e lo ringrazio di essere sempre con me. Potremmo diventare la mia storia più lunga.</div><div style="text-align: justify;">Lo ammiro, mentre infila nella borsa anche un album di tutti gli amori tentati, con le rispettive colonne sonore, insieme a una trousse di buoni propositi. </div><div style="text-align: justify;">Un giorno vorrei trovare l’incoscienza di diventare madre. Porterei mio figlio a giocare alla Besana, di domenica, e così, sotto il sole, farei pace con gli uomini. Soprattutto, penso, mi impegnerei a non diventare mai la causa per cui si senta senza senso: in me troverà solo spiegazioni convincenti alla bontà della sua esistenza, perché (ho imparato a mie spese) da lì nasce il bene, quello vero, da qualcuno che testimoni che siamo meritevoli di felicità. Di desiderare, immaginare e sentire tutto quello che vogliamo – alla faccia dei ricchi. Il resto sarà altro amore come viene, fra errori e gioia, come quello che ho ricevuto e replicato. </div><div style="text-align: justify;">Mi porto anche la fantasia di andare alla Besana, vecchia, senza nessun figlio, a trovare comunque il modo per praticare i buoni propositi di cui sopra.</div><div style="text-align: justify;">Metto via anche le epifanie di una paesaggiata con la musica nelle orecchie e i pensieri registrati dal cuscino quando fatico a prendere sonno, perché mi rigiro e sorrido. Un solo ricordo cattivo, medio-grande, scelto con cura e ripiegato stretto, che serva a raddrizzarmi la schiena ogni volta che, per sbaglio, permetta ancora di rimproverarmi – a me o ad altri. </div><div style="text-align: justify;">Tu cosa porti?</div><div style="text-align: justify;">Andiamo al mare a scucirci le ombre, che di tanto in tanto diventano strette per contenerci tutti. Hanno bisogno di vacanze – e noi lo stesso. </div><div style="text-align: justify;">Le idee più ingombranti le spediamo poi col camion dei traslochi, oppure le lasciamo proprio a casa, che tanto non servono per svestirci e stare bene. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-8885156165959963622022-04-11T18:18:00.003+02:002023-03-31T18:58:12.131+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La barra lampeggia sul foglio elettronico come una bradicardia: vi siete mai chiesti quante volte riappare e sparisce?</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Io no.</div><div style="text-align: justify;">La risposta è sessanta al minuto.</div><div style="text-align: justify;">Fuori il cielo è turchese, le persone praticano attività che fino a un anno fa erano vietate: vanno al parco insieme, si ammassano, si toccano. Dentro, qualcuna sta perdendo i suoi anni migliori davanti al computer.</div><div style="text-align: justify;">Vorrei poter dire che non sono io, che adesso che ho letto tutti i libri e guardato tutte le serie tv, ho finalmente imparato che la vita è una ed è mia e ora mi vesto, ma subito, poco, perché la primavera mi guardi là fuori, mi scaldi la pelle pallida e mi ricordi che sono giovane, anche quando invece mi sento solo stupida e prendo la carrozza, il diadema e pure i guanti da cavallo, che mi fa sorridere pensare che a conoscermi oggi nessuno direbbe che ho fatto sei anni di equitazione, infatti in pochi lo sanno, in pochi si accorgono che abbiamo la fortuna di vivere molteplici vite in una, e prendo anche un mazzo di fiori e vado a cercarmi uno spasimante, con cui riempire le giornate e le stanze e i parchi e far finta di sposarci, ma ogni giorno in un film diverso, con una persona diversa. Perché il problema è la noia, è sempre stata la noia e il coraggio di contraddirla.</div><div style="text-align: justify;">Per fortuna è arrivata la primavera a ricordarmelo. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-12521160770208215012022-02-25T18:14:00.005+01:002023-03-31T18:58:01.838+02:00Guardare la guerra<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quasi non pubblico più sui social, perché rimango delusa dalle conseguenze. Eppure, nei momenti di mondo più cupo, come questo, mi ricordo che qualcosa che aspiri a far bene si può dire ed è nostra responsabilità, almeno, metterlo nero su bianco. E prendercene le conseguenze. Come la vergogna che sento a guardare l’ennesima guerra dal divano di casa e ad avere persino una voce per commentarla, io, mentre coloro che per primi avrebbero diritto di parola, in questo preciso istante la perdono nella fatica, nella paura e nei singhiozzi. A loro andrebbero le mie preghiere, se solo avessi un dio. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Qui non c’è dio. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci sono gli smartphone, i video e internet.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci sono persone che governano stati e mentono di fronte a tutto il mondo e mentono e mentono e bombardano e ammazzano, come se non fosse la prima volta. Ci sono persone che entrano nei carri armati, che entrano nelle città. Ci sono persone che prendono le armi, che spostano le terapie intensive neonatali in un bunker improvvisato. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci sono persone che muoiono in foto. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci sono persone che piangono in video, partono, lasciano tutto quello che hanno, affetti compresi, e provano a farsi sentire dal resto della mondo, per anni. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Poi ci sono persone che sentono e persone desensibilizzate.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ogni volta che guardo una guerra, in video, seduta sul divano e, vigliacca, ringrazio un dio che non c’è per questa posizione, nel setaccio del dolore mi rimangono due sassi più grossi degli altri.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">1. Sembra che per sopravvivere al meglio dobbiamo tenerci il più lontano possibile dal pensiero – più vero che mai – che chiunque di noi può trovarsi dall’altra parte dello schermo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">2. Di fronte a qualcuno che muore e qualcuno che ammazza, non starò mai dalla parte di chi ammazza e chiunque mi porti ragioni pseudo economico-storico-geo-politiche per giustificare la propria imparzialità, di fronte a qualcuno che muore e qualcuno che ammazza, non so dire in quale scuola – fallita – abbia imparato l’umanità. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se c’è una postura necessaria, che gli anni infiniti di studi superflui, che ho inseguito, mi hanno insegnato è l’empatia: mettersi dentro la sofferenza di un altro. Perché quello che capita a me può capitare a te e viceversa, sempre, a discapito di ogni illusione di sicurezza che ci culla al sonno, se ne abbiamo il privilegio. E perché, a discapito di tutte le spiegazioni disciplinari del caso, la giustizia deve stare dalla parte delle vittime e chi siano le vittime è chiaro anche a chi le nega e le biasima, perché non riesce ad ammettere (a se stesso) che tutti siamo fragili, nessuno escluso: è nostro compito – vantaggioso – difendere i deboli. A loro tutela funzionerebbe la società, se fosse giusta. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Qui non c’è giustizia. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">C’è un assassino che ammazza. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci sono vittime che cercano di difendersi.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Noi che guardiamo la guerra con il diritto di spegnerla e accenderla siamo perlopiù impotenti. Ma abbiamo un potere, che è un’arma a doppio taglio, se smettiamo di esercitarlo: rimanere sensibili e sensati. Impariamo a riconoscere la violenza per disinnescarla e non smettiamo mai di denunciarla, anche a costo di rimanere delusi e feriti dalle conseguenze. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Dal divano, ringrazio un dio che non c’è per i miei privilegi e giuro di usare tutti i sensi che ho per non tornare al 1939. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-8293840908933129512022-01-15T18:09:00.004+01:002023-03-31T18:57:51.004+02:00Post nero su bianco<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Cattivi propositi. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Rompere. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Le abitudini che ci schiavizzano, le cattive posture, i modi di fare sempre uguali a quello che crediamo di noi stessi, con loro gli schemi mentali, le aspettative, i social, qualche oggetto, alcune relazioni, il silenzio e il cazzo, se necessario. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Arrivare in ritardo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se il vostro bisogno ossessivo di controllo vi induce a pensare che posticipare di dieci minuti quello che sull’agenda dovevamo fare già da dieci minuti sia un’imperdonabile catastrofe, avete la mia compassione. Ma raga, davvero: non sopravvalutate le nostre capacità di impiegare il tempo in modo prevedibile, o se proprio ritenete i vostri minuti così preziosi, ringraziate che ve ne ho liberati una decina, mentre probabilmente ne perdevo una decina a pensare che tanto ero in anticipo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Perdere tempo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Fare figuracce. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">È inutile pensare di avere controllo sull’immagine di noi che hanno gli altri. Ancora più a fondo: è inutile pensare di sapere cosa pensano gli altri e comunque mai saremmo come pensiamo di essere. Quindi, non reprimiamoci e non colpevolizziamoci, ché già ci pensano Gesù e altri animali fantastici. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non ascoltare gli altri. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Non sono me, la mia vita è mia e non è un modo di dire: riduciamo al minimo il rischio di buttarla confondendola per un altro film, di cui non siamo neanche comparse. E basta fare confronti, ché vivere è una merda per tutti e questa è forse l’unica verità che ci salva dalla totale solitudine. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Risultare maleducata. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Questo, per esempio, significa che ogni tanto gli altri, le loro opinioni, possono mettersele nel culo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Sbagliare.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Così posso imparare meglio a chiedere scusa. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Permettersi di essere incoerente, stupida, casinista, una pessima compagnia, fallibile e in certi casi un fallimento. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Lavorare fa schifo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se smettessimo di fingere il contrario, di preferire la performance ostentata al benessere e di far sentire anormale chi non ama incancrenirsi nella stessa fottuta routine di fatiche, ogni giorno, staremmo meglio e potremmo dirci più onesti. E io potrei scrivere all’inizio del cv, sotto il nome, che lavorare fa schifo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">L’amore è cura, ma non è una sola. Cercare di ridurlo a poche forme codificate e metterle pure in gerarchia è disonesto, come far passare per natura ciò che è solo una scelta come tante. Esiste l’amore fra due, fra tre, quattro, fra nazioni intere quando si vince a calcio, fra umani e animali non umani, fra me e me, ogni tanto. Fra figli e genitori, mariti e mogli – non necessariamente all’interno della stessa coppia – fra persone che non vogliono o non possono avere riconosciuta un’etichetta statale di certificata rispettabilità dell’amore che hanno. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">A proposito, chi dice che la famiglia è una sola, non ha mai visto un documentario che non fosse sul cristianesimo – e manco su tutto il cristianesimo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se ci sentiamo infelici, forse è perché ci hanno insegnato poche vie lecite per non esserlo. Ho imparato che uno dei modi per creare disuguaglianze è limitare l’immaginazione: non facciamoci derubare della possibilità del possibile. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Infine, scrivere stronzate.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Smettere di pretendere che le parole o le persone debbano avere un senso; figuriamoci un post nero su bianco, che finisce con supercalifragilistichespiralidoso, sii felice più che puoi. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-60433634914754024022021-11-30T18:03:00.004+01:002023-03-31T18:57:41.072+02:00L'articolo delle donne<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Siamo bombardati di giornalismo fatto male, al punto che mi domando se uno fatto bene sia poi praticabile e non mi do risposta.</span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">In questi giorni una giornalista è stata molestata in diretta tv e quindi si sono visti costretti ad ammettere che non si fa: assistiamo a uno stuolo di articoli imbarazzanti, che titolano con la stessa professionalità di un ciclostilato in una classe elementare. Per esempio, la giornalista molestata che – ricordiamolo – è una persona adulta con nome e cognome, una professione, che peraltro è la medesima di chi di lei dovrebbe scrivere, è chiamata per nome e basta. Come fosse la compagna coi capelli lunghi del terzo banco vicino alla finestra. </div><div style="text-align: justify;">Il molestatore invece, indagato per violenza sessuale – giusto perché c’erano le telecamere accese – ha nome e cognome.</div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">La donna no, non ha diritto a un cognome, per rimarcare – come se ce ne fosse bisogno – con quanta serietà gli articoli e articolisti si occupano di violenza di genere. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ma questa scorrettezza della lingua – beninteso, dei parlanti la lingua, non della lingua di per sé – che si ostinano a perpetrare privilegi e violenze, più o meno consapevoli e più o meno ipocriti, ha tante declinazioni. </span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Pensiamo a quanto è difficile dire medica anziché medico. Avvocata, architetta, ministra. Eppure ci riesce così automatico dire donna delle pulizie, che a volte lo tronchiamo in: la donna.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci manda così in panico pronunciare i femminili quando toccano privilegi che nella storia sono stati soprattutto maschili che, piuttosto che riconoscere pari dignità al genere, arriviamo a rompere la grammatica che regola i suffissi nei participi: student-essa. Eppure, quando qualcuno si arrabbia perché faccio sentire la mia voce, mi dà della esagerata, non esageratessa. </span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Poeta, non poetessa.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se sui giornali le donne non hanno il cognome, in letteratura barattano il nome col cognome, ma a costo di un articolo determinativo: la Woolf, la Morante, la Szymborska. Non ho mai trovato: il Joyce, il Moravia, il Sanguineti.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Perché l’articolo determinativo davanti a nome proprio è rifiutato dall’italiano standard, quello che dovrebbero parlare i giornali, i manuali e i saggi in uno stato linguisticamente unito – e infatti lo parlano. Allora perché, ancora oggi, i banchi di scuole e università sono ricoperti di saggi e manuali che parlano delle scrittrici come se fossero delle nostre conoscenti, a cui poter usare un regionalismo della lingua, come se fossimo in una classe elementare e la premiata con Nobel che dobbiamo studiare fosse la Greta del terzo banco vicino alla finestra?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Perché Greta e non la giornalista Greta Beccaglia?</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Perché la Szymborska, ma non il Sanguineti?</div><div style="text-align: justify;">Perché se uno sconosciuto mette le mani addosso a una donna, qualcuno ancora si ostina a dirle di farsi una risata?</div><div style="text-align: justify;">Perché abbiamo sempre sentito e detto studentessa, ma ora che abbiamo chiarito che studente è participio sia maschile sia femminile, ci ostiniamo a dire studentessa? E poetessa e avvocatessa…</div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Solo domande, nessuna risposta. </div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Su un forum ho letto quella di un utente particolarmente brillante: perché fa rima con fessa. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quante battute che non fanno più ridere.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quando ci prenderete sul serio?</span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-40012025327656926202021-10-11T17:59:00.003+02:002023-03-31T18:57:28.911+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Amore mio,</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">la vita è troppo lunga per non scrivere lettere d’amore, dove incidere idee più grandi di noi, promesse che manterremo a fatica e sogni, che la mattina ci spingano giù dal letto. Solo, ti prego, non diventiamo una storia già scritta, perché l’amore, se mai l’ho sentito, non era nei romanzi, nei film, nelle canzoni, nemmeno nelle poesie.</div><div style="text-align: justify;">L’amore rimane fuori. Non si immortala, perché non è immortale, come le persone. L’unica cosa che ci si può fare è sentirlo, quando viene e quando va. </div><div style="text-align: justify;">L’altro giorno ero davanti a un’edicola, che ha perso il proprietario. Le saracinesche erano ricoperte di fogli, epigrafi di chi lo ricorda e con carta, penna e scotch inganna la morte. Allora l’ho sentito, magone, imbarazzo, che mai mi sarebbe venuto di pronunciare l’abusata parola con la A: era amore.</div><div style="text-align: justify;">Anche se nessuno è risorto, le parole sulle saracinesche, superflue, gratuite, inutili come uno scongiuro, te lo giuro, rimangono il superpotere più straordinario che possediamo e un giorno cambieranno il mondo. Prometto. </div><div style="text-align: justify;">Un giorno la vita sarà più onesta, si spoglierà dei secoli di storia che hanno fatto vittime e carnefici così come ci siamo arresi a immaginarli. Non avremo più paura di regalare a ogni vivente uguali diritti e responsabilità. Le persone saranno tutte uguali, davvero.</div><div style="text-align: justify;">Sorte e fortuna diventeranno storie che racconteremo ai bambini nelle scuole, come favole da cui imparare che nessuno deve essere lasciato indietro e che ci batteremo sempre, affinché abbiamo uguali opportunità tuttə.</div><div style="text-align: justify;">Faremo di ogni vita una vita vivibile e degna di tutela. Faticheremo perché ogni umano con le sue diversità abbia le stesse fortune, allora la ricchezza non sarà più un valore; la vita avrà per tutti lo stesso costo e la vita di tutti avrà lo stesso prezzo – inestimabile. </div><div style="text-align: justify;">Non ci sarà più bisogno di dio, perché non ci saranno più ingiustizie da giustificare.</div><div style="text-align: justify;">Solo quel giorno, amore mio, l’amore finalmente non avrà più nome, perché sarà inutile invocare ciò che chiunque potrà sentire. Basterà guardarci, per sapere che stiamo bene, perché il benessere non sarà più un privilegio di pochi e quel giorno avremo cambiato il mondo, allora l’amore sarà leggenda. Un giorno. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-24684616461412913442021-10-01T17:54:00.008+02:002023-03-31T18:50:45.015+02:00<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Sono su un treno insieme a un ragazzo, che oltre che sul sedile è sullo schermo dove ora sto digitando, incorniciato sopra il logo di Tinder. Continuo a guardarlo attraverso il vetro, così fa la mia generazione. Da un’altra generazione ma lo stesso vagone, una signora mi dice che la stazione di Milano Centrale fa schifo. Per me, colpa forse dell’architettura fascia, sa di nostalgia, dei ritorni a casa e dei ritorni in stazione, con la speranza che il successivo ritorno a casa sia con uno zaino di gioie più pesante, ma più leggero del prossimo ritorno in stazione e più cresco e più invecchio, più capisco che, a differenza del fascismo, la nostalgia mi piace. Come quando finisco le lacrime davanti a un telefilm, che da qualche giorno mi costringo a guardare in inglese, to improve my English, that I used to use less than dead languages. Kind of necromancy. For someone who puts all their hope in language it’s nasty to rely on foreign syllables. Btw reminding myself the limits of communication is a fair affair.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">I can’t understand everything, but I feel it anyway, when one character seems they’re gonna die, then somebody says that they are not going to die, they can’t die, because they are [insert character name.] As if in their name, life, supposed destiny, would never be found the word death. They don’t die.</span></div>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">The Tinder boy remains a glass boy. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Out of the screen instead, does happen that someone dies, even if they are our beloved. Wondering why Authors choose those that can be hired for all seasons and those that can’t, makes me cry twice: it hurts, because they deserved not to die even though they were off the fucking tv and nobody said they cannot die because of their significant and useless name, or maybe somebody said it, but the fucking life does not listen to any script; it hurts, because we’ll never see them again. And all that rests is a bunch of uncomfortable syllables melting from the eyes.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Remember the word of impossible returns? Nostalgia. Suddenly we feel big and small, like every time I come back to Milano Centrale. E come bambini temerari torniamo a parlare le nostre lingue madri e padri. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-57245943208482903942021-09-02T19:01:00.003+02:002023-03-31T18:57:18.150+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #454545; font-family: arial;">Come gli amori più disperati, agosto sembra sbagliato finché non finisce.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">I posti che diamo per sicuri, chiusi, blackout, zanzare, sudore, il sole bruciante, caldo troppo caldo. Le città troppo grandi vuote, piene le città troppo piccole, finestre spalancate che non filtrano le vite dei vicini e nemmeno i cibi che cucinano. Le vacanze, le vacanze nostre, brevi incerte scomode, le vacanze dei vicini, sempre più verdi, fotogeniche, le vacanze degli influencer, ingiuste, e le vacanze in potenza, che riposano nello stesso posto dove teniamo i buoni propositi, insieme agli amori più disperati. Le lentiggini, i ghiaccioli, l’olfatto amplificato fra i profumi degli sconosciuti. Vestiti leggeri. </div><div style="text-align: justify;">L’estate esagera, ogni volta. </div><div style="text-align: justify;">Ora è nostalgia.</div><div style="text-align: justify;">Nove mesi per imparare a sbagliare meglio, prima di spogliarci di nuovo.</div><div style="text-align: justify;">Sotto le giornate che si accorciano e i vestiti che si allungano, osare ripetersi che l’estate è prossima. E la prossima estate, promettiamo, la ameremo prima che sia troppo tardi. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-43272110255388935552021-07-04T18:58:00.003+02:002023-03-31T18:50:56.126+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #454545; font-family: arial;">Fra un mese esatto scadono i miei ventisette.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Da quando ho smesso di andare ai giardinetti con la nonna, ogni età mi è sembrata sbagliata: sono stata o troppo piccola o troppo grande, mai degli anni giusti nell’anno giusto. Anche adesso la mia età dipende più dal giorno che dagli anni, a seconda di cosa e di chi incontro, per la legge del confronto, che è giusto scoraggiare, ma alla fine è inevitabile, nella società della performance, basata su disuguaglianze. Ecco, ora mi sento vecchia.</div><div style="text-align: justify;">L’altro giorno, fra l’odore di asfalto e protezione solare, ho scoperto di aver reimparato a sopportare l’estate a Milano e avrei voluto un ragazzo col motorino per il vento, le mani sui fianchi, far preoccupare mia madre nelle curve, e scappare appena fuori città, a dare un nome alle nuvole e a ipotizzare quanto ci ha rovinati la Disney. Mi sono sentita più giovane, poi di nuovo molto vecchia. Allora mi sono concentrata sul respiro, che ora mi viene facile, mentre qualche anno fa non mi sembrava nemmeno involontario, così come il battito del cuore e poter fare progetti che dessero per scontate le albe dei giorni successivi. Ho preso un respiro fino al fondo, al fondo di tutti gli altri organi, che non so nominare ma mi seguono da sempre, dappertutto, con fiducia e quella che chiamerei magia, se solo fossi meno cinica. L’aria della mia città mi è sembrata la stessa di quando andavo ai giardinetti con la nonna. Adesso saprei riconoscerla come l’odore di casa dopo un lungo viaggio, scomporla in parti di ossigeno e smog, badate che cambia a seconda dell’ora. Ho sorriso. Mi sono sentita quasi quasi giusta, in equilibrio, fra tutto quello che ho passato e il futuro che tira, l’ignoto, che per esperienza so terrificante, incredibile e spettacolare: spero sia emozionante tanto quanto quello che ignoravo al compleanno dei diciotto e che ora chiamo ricordi, brutti e belli, comunque memorabili. Perché alla fine, qualunque siano l’età, i pensieri, i dolori, le fortune, i pensieri vecchi e quelli spensierati e la bilancia delle memorie fra buone e cattive, l’unica cosa che conviene tenerci stretta, come una prescrizione medica a un’insicurezza cronica, è che la vita non è insignificante.</div><div style="text-align: justify;">La nostra vita non è mai insignificante. </div><div style="text-align: justify;">Non dimenticarlo e compi tutti gli anni che puoi. </div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-15192605141835327302021-05-16T18:57:00.003+02:002023-03-31T18:57:05.028+02:00Ciao, sei un umano.<p style="text-align: justify;"><span style="color: #454545; font-family: arial;">Immagina che domani ti svegli e hai il conto prosciugato. I tuoi libri, il diploma, la laurea, le storie e la storia che conosci non valgono niente. Immagina se la Germania avesse vinto la guerra.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ti svegli e non ti funzionano più le gambe.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ti svegli e i soccorsi non arrivano, scoppiano razzi in cielo, la tua casa è un cumulo di macerie. I tuoi parenti cenere. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Come ti senti?</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se la risposta è male, benvenuto. Questa è la Terra, qui essere umano significa anche questo. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se invece non riesci a immaginarti così, ti spiego la tua malattia: si chiama idiozia.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ci hanno inculcato l’errore fatale di credere che quello che ci capita sia sotto il nostro controllo. Ma la realtà, troppo spaventosa, è l’esatto contrario. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La vita è caos – anagramma di caso.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">La malattia idiozia non permette di capirlo e implica due pensieri-sintomi in chi ne è affetto. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">1. Siccome la vita dipende da me, allora quello che ho, me lo merito. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">2. Siccome la vita dipende da te, allora quello che non hai, non te lo meriti. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Invece la vita non dipende da noi: non decidiamo come e dove veniamo al mondo, in quale epoca, famiglia, porzione di Terra, con quale nome, quali geni, quanti soldi e nemmeno cosa ci succederà poi. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se sei un bambino bianco, nato nella parte giusta del mondo, quella che la storia che si racconta ha eletto a vincitrice, dove i tuoi genitori possono preoccuparsi di quale culla comprare, in quali scuole mandarti, con quali altri genitori litigare, perché la mensa usa il glutine, sei un bambino fortunato. Privilegiato. Non lo sei altrettanto se sei nato a Gaza e la massima ambizione che la società ti concede è sperare di vedere il sole sorgere, di giorno in giorno, senza possedere nulla e comunque continuando a perdere tutto. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Ma cosa succede nelle testoline degli idioti (affetti da idiozia)? Pensare che comunque sia, finché io vivo da privilegiato, la vita va bene così e così mi convinco pure di meritarmela, perché ammettere che è andata e ancora va a caso è troppo spaventoso. Quindi, trovo giustificazione a chiunque risulti meno privilegiato di me, come se nascere diversi, in condizioni diverse, fosse un marchio, un timbro su un passaporto che non permette di viaggiare, studiare, giocare, mangiare. Così i bambini palestinesi sono per noi sfortunati, ma soprattutto sono inimmaginabili, lontani dai nostri occhi, dalle coscienze, dai meriti che meriti non sono, ma stabiliscono i privilegi che ci fanno sopravvivere e che crediamo che loro non meritino quanto noi – idioti. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Badate bene che il pensiero idiota è contagioso, viene applicato a svariate situazioni. Per esempio, nei casi di sessismo (te la sei cercata), di omobitransfobia (fra un po’ ci chiederanno di avere gli stessi diritti dei normali), abilismo (sfigato), razzismo (e ma non si può più dire niente.)</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Notate che il passatempo che ci riesce meglio è sempre colpevolizzare le vittime. È necessario agli idioti, per sentirsi più al sicuro nell’idiozia, secondo cui a loro non capiterà niente di male, finché rimangono idioti. Spoiler: per fortuna non è così. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessun privilegio è meritato. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna violenza è giustificabile. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna malattia è giusta.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna disabilità è una scelta. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna disuguaglianza è accettabile. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessuna vittima è colpevole. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Nessun umano è sacrificabile. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Per guarire dall’idiozia non bastano medici, psicologi, santoni, insomma nessuna figura professionale. Anche in questo caso va a fortuna: serve intelligenza, empatia, fatica e soprattutto il desiderio bruciante di vivere un mondo, in cui giustizia e uguaglianza non siano solo parole, per essere tutti umani più umani. Il coraggio di immedesimarsi, anche fuori da Netflix. Ci capiremmo tutti senza sottotitoli grazie a un unico marchio uguale, che dice: ciao, sono un umano. </span></p>Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-58452688401557769082021-04-14T18:56:00.004+02:002023-03-31T18:51:11.399+02:00<div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #454545; font-family: arial;">L’estate campeggia sulle nostre teste, come fossimo Teletubbies a inizio puntata, ma più felici.</span><span style="color: #454545; font-family: arial;"> </span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Oggi zero morti. </div><div style="text-align: justify;">Il giornalaio ha venduto tutti i quotidiani, la gente li appende e li conserva come fosse la Liberazione. In radio, al posto dei notiziari solo musica, ogni tanto qualcuno dice al microfono che non ci crede, ma ci deve credere e finisce in lacrime e risate, di nuovo musica. In tv, i telegiornali devono reinventarsi del tutto, scongelano i servizi su quanto spendono gli italiani e sul caldo, che è tornato l’unico nemico degli anziani, dopo i finti tecnici del gas. Netflix registra il più precipitoso calo di riproduzioni da quando è stato creato. I social sono deserti. </div><div style="text-align: justify;">Gli umani sono tutti fuori – e il T9 vorrebbe scrivere che sono tutti fiori da quanto popolano di nuovo gli spazi a cielo aperto, fuori dai soffitti, a calpestare tutt’altro che pavimenti e lasciare finalmente privacy ai mobili, rimasti soli nelle abitazioni. I modem si raffreddano, i frigoriferi dormono, le sedie si riposano, mentre fuori dalle finestre fioriscono le teste. Sorridono anche i malinconici, persino i vecchi che si lamentano e i bambini che piangono, ogni umano ride, perché da ore non si muore. </div><div style="text-align: justify;">Il peggio è passato, ce lo gridiamo con gli occhi e salutiamo anche chi non conosciamo; piano piano, impariamo che non abbiamo disimparato la vita normale. Quando dicevamo di aver paura di uscire, di non saper più stare con gli altri e non sentire più niente, stavamo solo scherzando, nemmeno ce ne ricordiamo, impegnati a liberare tutti i grilli per la testa, a catturare farfalle nello stomaco e a parlare, correre, ballare, ho già detto che sorridiamo fortissimo? Fino a scoprire i denti in fondo e al posto delle sirene c’è un’eco di esclamazioni, come quando si rivede un amico, che non si vede da un anno. Come fossimo in una favola di Rodari, o in una poesia di Benni con le rime baciate, / dove le vie tornano popolate / di persone non più annoiate, / l’odio evapora come a volte capita all’amore / perché da ore non si muore. / Non se lo spiega neanche il pastore: / credeva fossimo alla deriva, invece / prima o poi, la vita arriva. </div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Ma oggi non è oggi. Eppure c’è il sole.</div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-35954576062950306542021-04-06T18:54:00.003+02:002023-03-31T18:51:19.789+02:00April is the cruellest month<div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #454545; font-family: arial;">Aprile è il mese più crudele, ormai lo ripeto da qualche anno e un anno spero che la primavera mi smentirà. Intanto cerco di fare come Lester Burnham, sorridente, anche quando la testa gli è crollata in una pozza di liquido rosso e tutta la vita gli passa davanti agli occhi, che non guardano più.</span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Vorrei poterti chiedere cosa pensi dei palazzi che tirano su, per illuderci di una nuova modernità, ma negarci lo sguardo. Torno spesso dove nonno mi portava da piccola e mi chiedo come cresceranno i bambini senza tramonti: sopravvivranno, come quasi tutti, come me. Vorrei chiederti cosa vedono gli occhi che non guardano più.</div><div style="text-align: justify;">Hanno detto che se vai in giro con un fidanzato o il papà non ti fischiano, ma chi non ha nessuno dei due? Eppure, molto più spesso del solito ho voglia di raccontare che mi sento come un quadro ad altezza sguardo, perfettamente centrato – discutevamo persino dell’altezza a cui mettere i chiodi nei muri, tu avevi Vitruvio, io l’horror vacui. Ora con il vuoto familiarizzo. </div><div style="text-align: justify;">Sono la milanese più noiosa che conosca. Dopo ventisette anni di persone che se ne vanno, sullo stesso orizzonte che cambia, ancora mi fermo a guardare i sacchetti che volteggiano per strada.</div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">È aprile; metto su un pezzo dei Beatles. </div></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;"><i>Because the world is round, it turns me on.</i></div><i><div style="text-align: justify;"><i>Because the wind is high, it blows my mind.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>Because the sky is blue, it makes me cry.</i></div></i></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></div><span style="font-family: arial;"><div style="text-align: justify;">Chissà come lo canterebbe Renzi.</div></span></div>
Francesca Pelshttp://www.blogger.com/profile/10441632254098519069noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6592392993515897767.post-54113806450671061222021-04-03T18:49:00.003+02:002023-03-31T18:56:42.475+02:00<div><p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Sono una brutta persona, lo sono sempre stata, fin dall’adolescenza, e lo sarò ancora, forse per molti anni.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Con tutte le altre brutte persone vorrei condividere un insegnamento, che ho imparato con fatica: se non ti succede qualcosa di brutto, che invece a qualcun altro è capitato, non è perché sei migliore. Questa dell’essere superiori per qualche motivo è la storiella che devi raccontarti, per dare un senso a qualcosa che senso non ha, perché non puoi reggere lo spavento della faccia della realtà: che le cose brutte capitano, a caso, anche a te. Allora cerchi di convincerti che sarai sempre seduto dalla parte della fortuna, basta impegnarsi, anche se la fortuna non ha fissa dimora e tu sei un’incidenza di incidenti esattamente come tutti gli altri, in questo caos che chiamiamo cosmo.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Confondere la propria fortuna per merito è fare come chi crede che la giornata andrà bene, solo se attraversando, non è uscito dai bordi delle strisce pedonali. Per questo non chiameremo le cose brutte sfighe, perché non sono sfighe, sono cose che capitano a qualcuno, ma potrebbero capitare a chiunque e chi se l’è beccate non è uno sfigato; è un umano esposto al vento della casualità, come tutti noi, solo che stavolta si è alzato il maestrale tutto su di lui.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Quindi, ripetiamo insieme: una vittima non ha colpe. No, non se lo meritava. No, non se l’è cercata. No, non è vittimismo, no, non ci sono se e non ci sono ma: una vittima non ha colpe. Chi gliene riconosce è solo qualcuno che non riesce a capire e dovrebbe quantomeno sforzarsi di provare.</span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 14px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;"><br /></span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">Se proprio volete un campo in cui poter davvero eccellere, scegliete la comprensione, ché per divertirsi a immedesimarsi in qualcuno di diverso, non servono i personaggi di Netflix, basta il coraggio di guardare oltre alla punta del proprio naso. Perché se qualcosa non è un tuo problema, non significa che non sia un problema. Quindi, smettiamola di impedire alle persone di rivendicare un mondo migliore, perché potrebbe guastare la comodità delle ingiustizie, a cui siamo stati troppo a lungo abituati. </span></p>
<p style="color: #454545; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: arial;">E ripetiamolo insieme: il catcalling fa schifo. Non fatelo, non difendetelo e anzi, spargete la voce che le donne non sono dei gatti.</span></p></div>
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