Sigarette fumate: zero.
Sigarette restanti: dieci.
I tavolini del bar in via Orti sono spessi quanto il mio pacchetto di
sigarette.
Le forme rettangolari incise sulla loro superficie metallica ne calzano alla
perfezione ognuno dei piani: quelle opache sono proporzionate alla faccia
maggiore, quelle lucide ai fianchi, mentre le parti bianche ricalcano con
precisione cima e fondo del pacchetto.
Ho smesso di fumare. Il pacchetto ancora cellofanato mi piace così, con quel
suono elettrico che produce, se sfiorato, e la rassicurante geometria sui bordi
ancora velati.
Diventerà un cimelio del mio passato da fumatore, dico ad Anna, che oggi
gesticola più del solito. Continua a sfregarsi i gomiti e a nascondere il collo
tra le clavicole con le spalle alzate. Nemmeno quando deve gettare la cenere le
riabbassa: si sbilancia, rigida, verso uno dei braccioli tra cui è seduta e dà
un secco ma lieve colpetto al filtro che stringe tra le dita.
Scommetto che anche la parte di clavicola che le sporge tra i capelli potrebbe
ospitare il mio pacchetto di Marlboro alla perfezione.
Lei può fumare. Io no, perché questo è il primo passo per guarirmi, dice: per
liberarmi dal mio perenne senso di inadeguatezza e di inferiorità, per
eliminare le mie ossessioni, idiosincrasie e illusioni, per guarire dal mio
complesso di Edipo.
Ecco perché io non posso e lei si, anche se non riesce mai a guardare negli
occhi quello con cui sta parlando.
Anna, che, quando non sta fumando, continua ad arrotolarsi i capelli tra le
dita ingiallite della mano destra e, quando invece fuma, procede in quel gesto
meccanico e nervoso con la sinistra.
Anna che si è sottoposta a una convalescenza di tre mesi, perché il suo naso
pendeva troppo verso destra.
Anna che si vede con le amiche (le stesse dalle superiori) ogni venerdì, per parlare
male di quelle assenti, badando bene di non perdersi mai un incontro.
Anna convinta che suo marito abbia un’amante perché la ama troppo.
Anna che non sta mai ferma, soprattutto mai zitta, e che, mentre mi parla,
muove su e giù il piede della gamba accavallata senza tregua, producendo un
tintinnio costante con gli orecchini aggrovigliati tra i capelli.
Anna fuma un pacchetto da venti al giorno, ma è normale; è come chiunque altro.
Io invece sono indeciso, debole, incapace. Sono l’alienato da guarire, io,
perciò non posso fumare.
“Dai, tieni duro, fratellino, il Dottor S. ti ha detto che sei sulla buona
strada.
Ci vediamo dopodomani, così mi dici come è andata la vostra seduta.
Ciao.”
“Ciao Anna.”
Anna si allontana dal bar in fretta: le mani stavolta sono occupate a stringere
gli spallacci della borsa, danno tregua alle ciocche di capelli.
“Scusa, hai da accendere?”
Sigarette restanti: nove.
Sigarette fumate: una.
Che bello!
RispondiEliminaDura smettere, però!
Ciao
Z
Grazie, Zimon.
EliminaGià, smettere è difficile e non per tutti possibile.
Ciao!