lunedì 11 ottobre 2021

Amore mio,
la vita è troppo lunga per non scrivere lettere d’amore, dove incidere idee più grandi di noi, promesse che manterremo a fatica e sogni, che la mattina ci spingano giù dal letto. Solo, ti prego, non diventiamo una storia già scritta, perché l’amore, se mai l’ho sentito, non era nei romanzi, nei film, nelle canzoni, nemmeno nelle poesie.
L’amore rimane fuori. Non si immortala, perché non è immortale, come le persone. L’unica cosa che ci si può fare è sentirlo, quando viene e quando va. 
L’altro giorno ero davanti a un’edicola, che ha perso il proprietario. Le saracinesche erano ricoperte di fogli, epigrafi di chi lo ricorda e con carta, penna e scotch inganna la morte. Allora l’ho sentito, magone, imbarazzo, che mai mi sarebbe venuto di pronunciare l’abusata parola con la A: era amore.
Anche se nessuno è risorto, le parole sulle saracinesche, superflue, gratuite, inutili come uno scongiuro, te lo giuro, rimangono il superpotere più straordinario che possediamo e un giorno cambieranno il mondo. Prometto. 
Un giorno la vita sarà più onesta, si spoglierà dei secoli di storia che hanno fatto vittime e carnefici così come ci siamo arresi a immaginarli. Non avremo più paura di regalare a ogni vivente uguali diritti e responsabilità. Le persone saranno tutte uguali, davvero.
Sorte e fortuna diventeranno storie che racconteremo ai bambini nelle scuole, come favole da cui imparare che nessuno deve essere lasciato indietro e che ci batteremo sempre, affinché abbiamo uguali opportunità tuttə.
Faremo di ogni vita una vita vivibile e degna di tutela. Faticheremo perché ogni umano con le sue diversità abbia le stesse fortune, allora la ricchezza non sarà più un valore; la vita avrà per tutti lo stesso costo e la vita di tutti avrà lo stesso prezzo – inestimabile. 
Non ci sarà più bisogno di dio, perché non ci saranno più ingiustizie da giustificare.
Solo quel giorno, amore mio, l’amore finalmente non avrà più nome, perché sarà inutile invocare ciò che chiunque potrà sentire. Basterà guardarci, per sapere che stiamo bene, perché il benessere non sarà più un privilegio di pochi e quel giorno avremo cambiato il mondo, allora l’amore sarà leggenda. Un giorno. 

venerdì 1 ottobre 2021

Sono su un treno insieme a un ragazzo, che oltre che sul sedile è sullo schermo dove ora sto digitando, incorniciato sopra il logo di Tinder. Continuo a guardarlo attraverso il vetro, così fa la mia generazione. Da un’altra generazione ma lo stesso vagone, una signora mi dice che la stazione di Milano Centrale fa schifo. Per me, colpa forse dell’architettura fascia, sa di nostalgia, dei ritorni a casa e dei ritorni in stazione, con la speranza che il successivo ritorno a casa sia con uno zaino di gioie più pesante, ma più leggero del prossimo ritorno in stazione e più cresco e più invecchio, più capisco che, a differenza del fascismo, la nostalgia mi piace. Come quando finisco le lacrime davanti a un telefilm, che da qualche giorno mi costringo a guardare in inglese, to improve my English, that I used to use less than dead languages. Kind of necromancy. For someone who puts all their hope in language it’s nasty to rely on foreign syllables. Btw reminding myself the limits of communication is a fair affair.
I can’t understand everything, but I feel it anyway, when one character seems they’re gonna die, then somebody says that they are not going to die, they can’t die, because they are [insert character name.] As if in their name, life, supposed destiny, would never be found the word death. They don’t die.

The Tinder boy remains a glass boy. 

Out of the screen instead, does happen that someone dies, even if they are our beloved. Wondering why Authors choose those that can be hired for all seasons and those that can’t, makes me cry twice: it hurts, because they deserved not to die even though they were off the fucking tv and nobody said they cannot die because of their significant and useless name, or maybe somebody said it, but the fucking life does not listen to any script; it hurts, because we’ll never see them again. And all that rests is a bunch of uncomfortable syllables melting from the eyes.

Remember the word of impossible returns? Nostalgia. Suddenly we feel big and small, like every time I come back to Milano Centrale. E come bambini temerari torniamo a parlare le nostre lingue madri e padri.