domenica 5 aprile 2020

Ho contato le piastrelle del cortile. Quando butto la spazzatura mi regala un po’ di cielo, spingo lo sguardo in alto, perpendicolare al suolo per cercare di ingannare gli occhi: guardatelo così, senza confini, senza i tetti o le imposte delle finestre a multarlo, anche se rimangono. 
Non sono mai stata chiusa in casa così a lungo, nemmeno quella volta che mi ero presa la varicella, quando stabilii il mio record di appannamento finestre, con la fronte schiacciata contro il vetro, per la gioia della nonna. Da che cammini e mi ricordi, non sono mai stata così a lungo neanche senza salire sui mezzi pubblici. Mi mancano e sì, avevo pensato che potessero mancarmi, persino la novanta, però io sono specializzata in mancanze e mancansie. 
Mi manca camminare, per strada, al parco, in edifici di cui non ho contato le piastrelle, mi manca la libertà di movimento, le corse. Mi mancano le facce delle persone sparite dietro alle mascherine, il vociare, persino un po’ di traffico che non sia di sirene e quello schifo di rimanete-in-casa di sillabe metalliche; mi manca l’arrotino e questo no, non l’ho mai pensato prima.
Sento la mancanza di una lunga lista di umani e mete che portano il nome di cibi. Di risate, abbracci, saluti a inizio e a rimandatissima fine serata, soprattutto degli sguardi senza sospetto. Mi manca anche il mio sguardo senza la mappa dei possibili percorsi di germi, e due occhi senza una lente di paura, che però mi sa che non mi sono appartenuti mai. Mi mancano le parole fuori dai telefoni e le persone fuori dagli schermi, che consideriamo normali e infatti devono tornare ad esserlo. Vi confesso: non vedo l’ora che torniamo a darli per scontati. Perché dai, nemmeno una pandemia cambierà l’indole che ci ritroviamo e tutte le millenarie imperfezioni della nostra specie. Però magari, quando ne saremo fuori, una volta, una sera, una qualunque uguale ad altre centinaia che abbiamo già archiviato e passato, come se niente fosse o persino giustamente scocciati perché la metro ha tardato di un minuto, ci fermiamo e ce lo diciamo che, tutto sommato, può essere felicità.