sabato 4 febbraio 2023

In una società ingiusta essere un fallimento è cosa buona e giusta.

Mercoledì una studente 19enne si è suicidata nei bagni dell’università, lasciando una lettera: scusate, sono un fallimento. La sera prima, ho finito i miei esami, 29enne, sono andata sui social a vantarmi della mia media.

Perdonate il tempismo. E il ritardo. 


Anch’io mi sento un fallimento. 


Non voglio parlare di una ragazza di cui non sappiamo nemmeno il nome, perché sarebbe irrispettoso e nemmeno di me, perché sarebbe fuori luogo. Voglio però dire che in un mondo di imprenditori miliardari e miliardi di persone che ancora non hanno accesso all’acqua potabile, siamo tutti falliti. Anche se non lo ammettiamo. 


Non possiamo salvare chi ha smesso di respirare e vi confesso pure che chiamarlo salvataggio credo sia presuntuoso, perché io rispetto la decisione di chi si toglie la vita, per quanto estrema sia. Vorrei però parlare a chi ancora può leggermi e forse ha bisogno di sentirsi dire quello di cui ho bisogno anch’io: facciamo tutti schifo. Punto.

Proviamo a cambiare prospettiva.


Chiunque può essere un fallimento, perché il punto è che saremo sempre falliti per qualcuno, in qualcosa, per forza: gli antifascisti sono un fallimento per i fascisti. Gli eroi di qualcuno saranno sempre i nemici di qualcun altro e qualunque scelta faremo, qualcuno ne sarà deluso. La rivoluzione è scegliere noi. Scegliere noi, nel senso sia di scegliere noi chi deludere, chi vince e chi perde e da che parte stare, sia di scegliere, fra tutti, noi stessi, unici, giusti e sbagliati così come siamo – come chiunque altro. È difficile, lo so. 


Non è privilegio di tutti avere dentro un animale che, nonostante le altre bestie, ci convinca che continuare a vivere vale la pena, ma tuttə dovremmo avere la possibilità di nutrirlo, quindi ascolta: onora la tua unicità. Della tua vita fai quello che vuoi e quello che puoi e se ti sembra diversa, strana, imperfetta, vuol dire che è tua. 

Mandiamo affanculo chi ci vuole omologare, perché l’unica normalizzazione di cui abbiamo bisogno è quella della diversità. 

Se possiamo, ammettiamolo: sono un fallimento. 

Se possiamo, accettiamolo: mi sento un fallimento. Ma chiediamocelo: cosa fa di una persona, per me, un fallimento?


Se una 19enne si sente un fallimento perché non riesce a dare gli esami, per me, abbiamo fallito tutti. Prima di prendercela con la società, ricordiamoci che la società siamo noi. La prossima volta che sottoscriviamo, per noi o per gli altri, il paradigma che ci vuole disumani più che umani, impeccabili, perfetti e soprattutto sempre produttivi, come papà capitalismo ci ha fatti, fermiamoci e perdiamo un po’ di tempo a pensare: questa vita è mia e la gestisco io. Così non mi va.


Vorrei dire ai nostri nonni che la guerra non è finita e in un certo senso è peggiorata, si è fatta subdola e oggi più che mai è l’occasione di partecipare: seppelliamo l’indifferenza, prendiamo posizione, in un mondo immondo, fallire significa pretendere un mondo migliore. Un mondo dove non si confondono persone e fabbriche e si ammettono i propri privilegi e fortune, così come le fragilità. Dove chiunque possa accedere ai diritti di base e studiare e lavorare non siano una fatica mortale. Dove non sentirsi male, perché si vorrebbe stare bene. Desiderare un posto dove poter vivere, non solo sopravvivere. 


In una società ingiusta essere un fallimento è cosa buona e giusta. 

giovedì 2 febbraio 2023

All’ultimo slam è sparito un poeta. 
Ho chiuso l’ennesima clausura, che mi impongo quando devo coccolare i miei mostri. Poi esco e la vita è uno spettacolo incredibile.

Mi piace camminare, dopo la mezzanotte di un giorno feriale per strada siamo tutti personaggi del Mago di Oz: un uomo grasso con le bretelle appoggiato a un paletto, fa spegnere e riaccendere il lampione con lo sguardo, comunica un messaggio morse all’aldilà, mentre una ragazza tutta di nero, con le cuffie e i capelli in tasca gli passa a fianco. Ho cantato Wonderwall senza dissimulare il labiale, la Luna ci è stata testimone.

La prossima volta che mi sento inutile e non mi viene da scrivere, mi metto per strada con il cartello “ritiro amsa” e vediamo cosa succede.

Quando d’inverno manca Milano d’estate, basta camminarla di notte. Una coppia si bacia come nelle poesie di Prévert, un cane porta fuori il padrone, all’incrocio sono passata col rosso, perché se non la rischi, cosa ce l’hai a fare la vita? Senti come tira il futuro.

Ho spesso scarpe scomode e mi spacco i piedi, però guarda quanti passi abbiamo fatto, ancora. Nonostante tutto il dolore, ancora scrivere poesie. Perché ogni giorno è resistenza. 

Secondo me, il poeta che è sparito, è andato a cercare se stesso. Secondo me, torna.