lunedì 15 febbraio 2021

La compagnia degli ultimi mesi: libri e un gatto.

Vorrei scrivere un libro per ogni libro che ho letto, per farne un edificio, all’interno del quale ognuno possa perdersi: dimenticare il telefono, il ticchettio degli orologi, le sirene per le strade, l’acqua che bolle per la pasta, il cuore nel petto. Scordare il peso delle mancanze e il vuoto delle aspettative che tirano, sincronizzarsi con un ritmo lontano ma familiare. Respirare concentrato eppure disperso, su un altro piano di realtà. Solo, in compagnia. 
Quando qualche giorno fa, prima che un professore vestito da maestro d’altri tempi, nello spazio del mio computer, nel tempo di una videochiamata, mi facesse i complimenti, ho pensato che se esistessero diversi universi paralleli, in cui si inscenano tutte le ipotetiche trame della nostra vita, dovrebbero essere proprio un numero che non so scrivere, perché in tanti credo di essere già morta per ogni attacco di panico che ho avuto e ho immaginato anche che almeno in uno dovevo pur essere felice e forse è questo.
Qui, dove posso pensare alla me di altri universi e che qualche me di altri universi pensi a me in questo universo, dove più sono i libri letti, più aumentano quelli da leggere e non vedo l’ora di perdermici. Perché alla fine mi ritrovo sempre, un po’ più intera eppure multipla, proprio come i capitoli di un libro in divenire. Qui, dove ho anche sognato di dover proteggere quel gattino in un mondo post apocalittico e nonostante i mostri da uccidere, non era un incubo. Un po’ come ogni giorno: nonostante i mostri, non è un incubo.
Ecco, ai noi di altri universi direi che la nostra dimensione non è poi male. A parte la fila alla posta.