domenica 19 luglio 2015

Non so scrivere poesie d'amore

Smettila.
È inutile che insisti
è inutile che mi riempi
di cuoricini
cioccolatini
bacini
e post di pagine Facebook
con la parola Anima
ficcata nel titolo
e le fotografie
in bianco e nero
o finte polaroid
unte di Neruda, per
utenti
usurai di parole
che distanziano le lettere
per fare più effetto
– m a c h e c c a z z o ? !
Io non le so scrivere
poesie d’amore.
Non so dirti
che non è prendere e dare
ma lasciarsi andare
senza cautele
completamente
completa mente;
completa me in te:
affittami tutto,
l’ombelico per la colazione
le gambe per i pranzi
e le cene fra i capelli
ma soprattutto le mani
che non siano più vuote
di notte.
Vieni a vivere in me,
porta tutto, cosicché
dovessi andartene
io sia disabitata
come una casa scoperchiata
come le stanze senza tende
ma non voglio pensarci,
riflettere invecchia
con te non voglio che cresciamo
restiamo bambini
mai adolescenti,
per giocare a tempo perso
a tempo indeterminato
senza vinti e vincitori:
stiamo insieme
per stare insieme.
Perché non ti basti
una vita
a conoscermi tutti i nei
a toccarmi tutti i pensieri
leccarmi le idee.
Io non so scrivere poesie d’amore
dove ci annodiamo le ginocchia
sciogliamo i capelli
liberiamo le asole
e i passanti delle cinture
dove semplifichiamo le parole
per confonderci le lingue
e il tempo non è
che un ricordo vago
non importa
io e te
nell’era di Planck
il tempo zero della creazione
un tempo prima del tempo
subito dopo il Big Bang.
Davvero
io non so scrivere
poesie d’amore
perché si nominano
le cose che non ci sono
e se ci fossero
parlare
serve da scongiuro
io invece te le giuro.
Io queste cose te le prometto.
Non le so scrivere
le poesie d’amore, perché
mi impegno
a scriverci un mondo
nuovo
dove le poesie possano
occuparsi solo di noi.

venerdì 3 luglio 2015

MILANO BRUCIA

Milano, BRUCIA!
Ci hai insegnato a stare in compagnia
per sentirci soli:
sfilate di sguardi ciechi
accecati dall’asfalto bollente
su cui scivolare impastati.
Siamo masse ammassate che rotolano
a fare jogging sulle scale mobili.
Addestratori di frette senza meta:
vivere sempre in metropolitana
quando non sai dove scendere,
nei vagoni zeppi
come piazze deserte
sulle banchine sale d’attesa
di un medico nomade.


MILANO BRUCIA
e fa finta di niente
nei padiglioni di questo evo di mezzo
che chiamiamo Expo 2015.
Fa finta che vada tutto bene
coi cinesi a fotografare estintori
al Fuorisalone;
Fuori-is-alone;
tisane al Lexotan
apericena col Maalox
mentre scambiano i barboni
per installazioni urbane
del Salone dell’Immobile,

perché MILANO BRUCIA

Brucia, cazzo, Brucia!
Brucia, col dito in culo di Piazza Affari
agli studenti che ipotecano le madri
svendono speranze
per pagarti un buco
senza riscaldamento
senza finestre
senza porte
gabbia open space,
ma col wi-fi.


MILANO BRUCIA
insieme agli hashtag
#solocosebelle #100happydays
di giorni tutti uguali
che sai occupare, non sai più impiegare
parassita del tuo tempo
abusivo nella tua esistenza.


MILANO BRUCIA
sotto le molotov dei Black Bloc
ringraziamo Federico Clapis
per averci regalato un’altra distrazione.
Sotto i riflessi dei cartelloni
possiamo andare da Unieuro
a farci scontare l’ira del 22%:
in questi tempi di persone jpeg
ci linciamo via web
e se non lo sai dire
ci pensa Spotify
a pensare al tuo posto.


MILANO BRUCIA
Con lei noi
che ci arrendiamo a resistere
a esistere
nelle disumanizzazioni
disurbanizzazioni
disfunzioni
gastrointerinali del pensiero,
inquieti versus inconsapevoli
disturbati contro distratti.
Noi, generazione agenerazionale
di disillusi recidivi
che cerchiamo qualcuno
non qualcosa
che ci sprechi le giornate
per aspettare insieme
il tramonto riflesso nei vetri
dei palazzi che grattano il cielo.
La solitudine
è la dipendenza più grave
lo sappiamo noi
che troviamo il tempo
per confondere le scie degli aerei
cogli aloni sulle finestre
e che ci sdraiamo all’aperto
a interpretarne le rotte,
noi che facciamo lavori che poi:
“si, ma di lavoro” ?


MILANO BRUCIA
e noi con lei.