sabato 4 giugno 2022

Come stai, in una parola? 2

[Sul mio profilo Instagram ho usato il box domande per chiedere: Come stai, in una parola? Alcune risposte sono diventate spunti per i seguenti brevi testi.]


Piena

Stamattina C. non ha preso il caffè. Se ne pente appena approda sulla banchina affollata e il treno fermo con la gente schiacciata fra le porte, in filodiffusione la vocina arrugginita del conducente: lasciar chiudere le porte. È scocciato.

Nulla è cambiato dalla pandemia, pensa, immobile, dopo un’altra nottata insonne non sbatte più le palpebre.

“È piena.” Una voce, non metallica, distrae il suo sguardo.

“Dico la metro. È piena.”

“Già.”

“Poco male, aspetteremo quella dopo.”

Con il vento artificiale del vagone che si allontana, C. e P. spalla a spalla, come sulla copertina di un manga ambientato a Tokyo, iniziano a parlare e, perfetti sconosciuti, ancora non sanno che guarderanno film dallo stesso divano, spalla a spalla. 


Boh

– Ma ti rendi conto?

L. si rende conto. È finita. Lo sanno entrambi, ma è difficile ammetterlo e ancora di più dirselo a vicenda. Quando si smette di coincidere, bisognerebbe lasciarsi come i procioni nei meme, dopo che hanno scopato attoniti sui tetti o, se preferisci qualcosa di meno animale, come tappo e tetrapak, pacificati, ognuno nel proprio bidone della differenziata. Mai più insieme, per sempre un po’ simili. Come due foglie della stessa palma. 

Queste similitudini non le condivide. 

– Allora, hai qualcosa da dire?

– Boh. 

– Davvero, sei serio?

– Senti, ho capito, lo so. Domani inizio a portare via la mia roba. Ma adesso ti va di andare a guardare le stelle sul tetto?


Sbilenco

Questo superpotere dei trenta, per cui stai bene con gli altri ma stai tanto bene da solo, a G. non piace. È la dodicesima persona con cui esce in questo mese e mentre gli parla, vede il bivio: uscire tenendosi per mano, oppure tornare a casa a mani vuote. Uscire insieme, dormire insieme, rifarlo e fidanzarsi, sposarsi, litigare insieme e disimparare la solitudine, sempre insieme, oppure restare uguali a se stessi, finché si può. Si sente sbilenco, come lo sgabello su cui finge di ascoltare, spostando il peso da una gamba all’altra, da un epilogo a un altro e comunque, il vero superpotere è sapere di poter scegliere.

Si alza. 


Diluito

Ormai è una tradizione che ha paura di infrangere. Venerdì, arriva l’ora di chiudersi dietro la porta dell’ufficio per due giorni interi. Estrae il telefono, apre Tinder, il primo profilo distante almeno cinque chilometri, con gli occhiali: match! Stasera però il drink è più diluito, comunque abbastanza da evitare la solitudine della fine – settimana – o quantomeno anestetizzarsi un po’, in due, prima che i doveri tornino a soffocare il vuoto dei desideri. 


Effervescente

Le file in farmacia sono meno monotone da quando la macchinetta sputa biglietti grida il reparto in cui si fanno acquisti, così se qualcuno è qui per i profilattici possono intuirlo tutti, tipo ora: il verdetto è igiene personale, allora ragazzo, normali, sottili, ritardanti, o dentifricio? XL? Io e la signora con l’integratore effervescente con ferro e vitamina c vogliamo saperlo; chissà chi avrà la serata più effervescente. 


Ansia

Scale, biglietto, tornello, scale, banchina e lanciati!

Metro presa. Le porte si chiudono, la gente mi guarda, batticuore, in galleria le finestre diventano specchi non richiesti: ho ancora i capelli bagnati che sembra che abbia sudato, merda, il vestito forse è troppo scollato e questo cuore in gola perché non rimane nel petto?

Mi ero scordata che l’ansia a volte viene anche per le cose belle. Rivedersi dopo dieci anni. Ma cosa pensiamo? È cambiato e ricambiato tutto. Anche a quarant’anni ci si può sentire adolescenti alle prime volte? Almeno il sorriso mi sta proprio bene. 


Via Lattea

Dopo il terzo drink e qualche sigaretta, che tanto non conta perché è festivo, F. cammina verso casa con le mani in tasca. Odia tenerle ciondoloni, come se non sapesse che farsene, come non sa che fare con quell’opportunità di lavoro all’estero, pagata uguale, ma più scomoda, diversa, lontana e chissà. 

La via è buia, silenziosa e deserta, finché un petalo di geranio non gli plana sul naso. Estrae le mani e alza gli occhi, scopre che di notte anche le metropoli sono supervisionate dalle stelle.

Se avessimo la certezza di essere soli nella Via Lattea, non esisterebbe più cura alla depressione. Per fortuna non sappiamo nulla, nemmeno dove mettere le mani quando guardiamo il cielo e proprio per questo conviene andare a tentare tutte le vie che si può. 


Insoddisfatto

Insoddisfatto è il mio secondo nome, vorrebbe interromperla per dirglielo, ma non è il caso di sfoderare simpatia allo sportello della posta. Si limita a dirselo a voce alta nella testa, ride anche, guardando il proprio riflesso nel vetro di fronte e indirettamente il viso dell’impiegata. M. vorrebbe tracciarne il profilo con le dita, come facevamo da piccoli sulle finestre appannate, poi aggiungerle un fumetto che dice: buongiorno e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte! Ma anche questo rimane solo nella testa, però uscito di lì, passerà di fronte alla gelateria e per una volta entrerà a prendersi un gelato, tutto puffo, senza rimpianti per una volta, come faceva da piccolo. 


Sciolta + Spalancato 

Qualcuno nel condominio di fianco ascolta una vecchia canzone. Anche quest’anno l’estate in città si preannuncia una granita sciolta nel portabicchieri durante una gita in montagna, strabordante per tutti i sensi. Chi cresce immaginando il mare fra i palazzi, sa fin dall’infanzia che questa stagione è pericolosa, appiccica addosso i pensieri, rallenta i riflessi, breve ma piena di tornanti. Il problema è che ci lascia sospesi a fare i conti con la nostra limitata umanità, di bassa pressione e alte pressioni, aspettative, ambizioni. Da soli. La nausea.

Almeno la Luna rimane in città, I. ha spalancato la finestra per farla entrare. Stasera i ricordi sono come fumo sopra un tavolo da poker, eppure dopo ventisette anni dalla sua morte Mia Martini ancora canta: La voglio in faccia la verità / E se sarà dura / La chiamerò sfortuna.

Per alcuni l’estate è un dolore che sa di solitudine e immobilismo, ma anche le peggiori sfortune poi passano e resta la musica. 


Britneyspears

F. balla e come capita ogni volta che si dimena con un bicchiere in mano in mezzo a gente che non parla la sua lingua, pensa a tutto e a nulla che ricorderà una volta sorto il sole. Peccato, perché in tutto quel sudore realizza che alla fine l’insegnamento che davvero conta è fregartene dei giudizi degli altri e vivere come Britney Spears, ma senza padri.