lunedì 27 luglio 2020

Del viaggio in Umbria per rivedere casa sua mi restano una civetta di legno, le pagine del diario scritto in auto, in cui mi scusavo non so bene con chi per la grafia traballante. La rotondità del cappuccino alla partenza. Assisi in una giornata di sole, il sapore della coppetta di gelato bicolore, panna e cioccolato, col chiucchiaino incorporato. La paura dei serpenti nell’agriturismo e la piscina; una lite con mia madre. I parenti umbri che in compenso dicono mi terrebbero volentieri lì con loro. La costellazione del Leone indicata da mio padre nel buio, inedito agli occhi di una bimba milanese. Il sorriso di mia nonna.
A sette anni la vita più che un romanzo è una serie di copertine e ora che ne ho quasi venti in più potrei piangere di fronte a ognuna. 
Non so bene cosa significhi avere addosso quasi un secolo, se sulle spalle si sente di più il peso dell’atmosfera, se le costellazioni tornano a sembrare più simili al nome che gli hanno dato, se come si moltiplicano i ricordi da pianto, così quelli dei sorrisi, in un bagaglio che per la maggior parte del tempo resta chiuso ma sempre con noi. Di certo so che nonna se li porta da dea e se ogni volta che la guardo penso a tutte le ricette che dovrei ancora chiederle, provo anche una strana gratitudine per tutto quello che non so. Perché spesso le cose più importanti non si dicono.
Allora, facciamo che lo scrivo solo, con una grafia un po’ traballante, sulle pagine del diario digitale che non sai che esiste: grazie, nonna. Per i pranzi e le merende di una vita e tutte le parole e gli sguardi sorridenti che mi porto in valigia. Soprattutto, per avermi regalato un’occasione per andare un po’ lontano da qui.