lunedì 25 novembre 2019

La scorsa settimana, una parrucchiera mi ha detto che dobbiamo perdere un centinaio di capelli al giorno. Più del numero mi ha stupita il servile dobbiamo: non possiamo perdere e nemmeno capita che perdiamo, no, dobbiamo. Dobbiamo, perché devono crescerne di nuovi, se non ne perdessimo un po’ tutti i giorni, farebbero schifo e poi dovremmo fare la muta a tutti in un colpo solo, quindi ritrovarci ciclicamente ad averli a zero, mi ha spiegato. Non fa una piega, le ho risposto – che battuta. 
Dobbiamo, serve a vivere meglio. 
Dovremmo imparare a trattare come i capelli anche gli oggetti, i ricordi e certe persone. Vorrei riuscire a togliermeli dalla testa un po’ ogni giorno, per occuparmi dei nuovi. Saper svuotare l’armadio dei vestiti che non metto, come l’hard disk delle foto che ho già abitato; rassegnarmi ad avere la memoria dei nonni, non dei computer. Liberarmi di tutti i libri che ho già letto, così come dei numeri in rubrica che non chiamo. Alleggerirmi di tutti i nomi che non pronuncio più. Con un colpo di spazzola liberarmi dei vecchi pensieri, chiudere gli occhi: iniziare a immaginare i nuovi, da zero. Estrarmi dallo stomaco gli insetti rimasti intrappolati, ripulire la cassa toracica dei pesi che mi affaticano il fiato. Rinascere nuova e più leggera. 
Questo non l’ho detto alla parrucchiera.
In compenso ho riempito una pagina di un quaderno, che è l’ennesimo quaderno che accumulerò sugli scaffali della libreria e dei lobi frontali.
A quanto pare, i capelli sono più bravi di noi a dimenticare. Loro hanno capito che perdere qualcosa non è sempre una sconfitta.

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