lunedì 21 settembre 2020

Cartoline dalle non-vacanze

Ti vedo. Che è tardi e ancora non dormi. Stai a letto in posizioni sguaiate e digrigni i denti sovrappensiero. Pensi pensieri scomodi, instancabili e complessi, in definitiva indicibili: se li proiettassimo su un grande schermo in piazza, ne andresti fiera? Neanche li riconosceresti tutti. Ti vedo che vorresti toglierti le mutande dall’avvallamento fra le chiappe e che non stai dritta con le spalle. Così invece tette un po’ troppo in fuori, signorina. Io ti vedo. 
Questo è quello che possono installarti, in una zona imprecisata fra capelli e collo, le elementari dalle suore: qualcuno ti osserva, sempre, ovunque e a fondo e non è un semplice voyeur. Lui ti giudica. E tu senti tutto, in un’allucinazione bigotta, che noiosa ti accompagna nelle giornate. 
Questo è quello che possono inculcarti le elementari dalle suore, se non sei la bambina soprannominata Anticristo dalla sua stessa madre: eccomi. Io ricordo che diffidavo di dio, anche quando non avrei saputo formulare questa frase e a scuola abitavo stanze arredate coi crocifissi. Il mio non credo fondava su una sensazione piuttosto chiara: che se dovevo pregare dio più volte al giorno, beccarlo a messa almeno una volta a settimana, non nominarlo e mai contraddirlo, conoscerne vita morte miracoli, confessargli le caramelle mangiate e tutto quello che mi frullava fra i codini, per avere in cambio il suo amore eterno, a sei anni, allora era una grossissima palla – al piede; per omonimia, una bugia. Un po’ come molti mariti, mi dicono. 
Allora conveniva credere ad altro. Agli amici, ai compagni di classe, anche se ogni tanto se ne uscivano coi superpoteri, alla palla da pallavolo. Alle favole che mamma mi leggeva prima di dormire. Alle parole.
Dio, io ti vedo.
Negli occhi dei nostri simili, che non sono sicura siano lo specchio dell’anima, ma so che spesso sono i primi organi che condividiamo. E se solo fossi un’influencer, avrei riassunto tutto in eyes don’t lie e via con gli hashtag, invece vi dico che se credessimo nell’uomo almeno la metà di quanto io non credo in dio, saremmo una comunità con meno mariti, più donne con la schiena dritta e bambini, con le carie, ma sorridenti.

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