martedì 16 novembre 2010

Difficile emancipazione femminile: di chi è la colpa?

Si è soliti addurre le colpe della difficile emancipazione femminile a questioni socio-politiche, che obbligano le donne a lavorare molto più della popolazione maschile senza trarre gli stessi meriti di quest’ultima.
Infatti, come afferma Maurizio Ricci in una articolo su La Repubblica, se le donne si devono occupare non solo del proprio posto di lavoro, ma anche di tutti quegli straordinari che i compiti domestici comportano, è proprio colpa della politica, la quale riduce le famiglie in situazioni economiche assai precarie, costringendo così le donne a sostenere ritmi lavorativi decisamente estenuanti.
Oltre alla questione economica vi è poi quella sociale: in passato e ancora nella società a noi contemporanea sono radicati concetti, che limitano la libertà femminile. Questo tema è stato ampiamente trattato da Virginia Woolf, che nel suo saggio intitolato A Room of One’s Own, ipotizzando che William Shakespeare avesse avuto una sorella di pari doti letterarie, mostra come questa non avrebbe mai potuto raggiungere la fama del presunto fratello; innanzitutto perché le sue capacità sarebbero state velocemente screditate dalla collettività, ancora sospettosa nei confronti delle donne lettrici, figuriamoci scrittrici, ma anche perché in quanto donna non avrebbe potuto ricevere la stessa educazione di un coetaneo maschio.
Oggi la stessa situazione ci si ripresenta, quando tra un uomo e una donna con uguali meriti viene concessa maggiore fiducia all’individuo maschile, perché ritenuto più forte, dal momento che a causa di qualche inspiegabile luogo comune le donne sono sempre più fragili degli uomini, e perciò viste come meno affidabili e competenti.
Poi, basterebbe spostarsi in Oriente per rendersi conto che esistono stati, in cui le donne sono vittime di una discriminazione che addirittura le priva degli stessi diritti civili degli uomini, come per esempio avviene in Afghanistan, dove il governo, essendo basato sui fondamenti della religione islamica, considera le donne esseri inferiori, a cui conseguentemente vengono sottratti il diritto all’istruzione, al lavoro, alla salute, e anche quello di ricorrere alla legge.
E’ perciò chiaro che la strada verso una vera e propria emancipazione femminile è ancora molto lunga.
Però, bisogna notare che non tutti i fattori che concorrono a limitare la parità dei sessi sono esterni al mondo femminile: le tematiche socio-politiche precedentemente affrontate non comportano infatti ostacoli insormontabili e, sebbene per la popolazione maschile non siano così presenti, esse non costituiscono delle sufficienti motivazioni alla sottomissione femminile, cosa di cui sono la prova le innumerevoli figure femminili ricordate dalla storia.
Difatti, spesso accade che le donne stesse dimentichino che, essendo ugualmente degne di libertà e diritti di qualunque essere umano, sono, come appunto chiunque altro, fautrici della propria sorte e quindi anche della propria sfortuna.
Per esempio, Edward Lee Masters nella sua opera Antologia di Spoon River presenta la storia di Margaret Fuller Slack la quale, una volta sposatasi, dovette rinunciare al desiderio di scrivere un romanzo; i versi dell’epitaffio che la riguardano, fanno chiaramente intendere come in realtà le sue medesime scelte siano state la causa dell’irrealizzazione delle sue volontà. Infatti, anche se prese delle decisioni dettate da quello che i costumi contemporanei ritenevano giusto per una donna per bene (“Ma c’era il solito, eterno problema: celibato, matrimonio o libertinaggio?”) e non in base al suo pensiero, resta il fatto che fu Margaret e nessun altro a fare le scelte che la portarono ad avere otto figli e non più tempo per scrivere.
Come in questo caso, quando si parla di emancipazione femminile, si tende a prendere in considerazione solo le ingiustizie subite dalle donne, senza tenere presente che il processo di emancipazione dovrebbe partire proprio da queste ultime, le quali invece si trovano spesso a essere vittime di scelte compiute da loro stesse.
E’ quindi evidente che nella vita le donne debbano superare più difficoltà degli uomini, però è necessario che le difficoltà, siano esse sociali, economiche o politiche, non diventino una scusante per tutti i loro insuccessi; ecco che l’emancipazione femminile sta anche nella convinzione che la donna, non solo possa raggiungere gli stessi successi di un uomo, ma averne pure le medesime colpe.

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