lunedì 10 gennaio 2011

"Sogni le stelle/nella boccia dei pesci/rossi finisci"

Vogliamo imparare, vogliamo sapere, vogliamo capire.
Fin dai tempi del mitico Ulisse, l’uomo ha sempre tentato di soddisfare la propria spiccata curiosità che, non a caso, gli è valsa l’appellativo di animale dotato di particolare intelligenza, capace, a differenza degli altri, di interrogarsi perfino riguardo a quel principio da cui tutto discende, svariatamente chiamato demiurgo per Platone, Dio dai Cristiani, Big Bang secondo la moderna cosmogonia scientifica, per esempio.
Eppure, ogni qualvolta l’essere umano cerchi di approfondire le proprie conoscenze, nella vana ricerca di quell'originaria Verità che dovrebbe essere indubitabile e fondamentale, finisce sempre per sbattere contro il pluralismo, l’insieme di tutti gli enti nella loro eterogeneità.
A questo punto, si trova obbligato a compiere delle scelte, non essendogli vantaggioso né negare né confermare ogni cosa. Nel primo caso infatti, giungerebbe all’impossibilità di conoscere e perciò fallirebbe nientemeno che  proprio l’intento di soddisfare la sua sete di conoscenza; nel secondo invece, mentirebbe a se stesso acconsentendo anche a tesi opposte tra loro, che evidentemente la molteplicità, in quanto tale, presenta.
In altre parole, se si interrogasse su che cosa sia la giustizia, non volendo evitare la domanda e non potendo neppure enunciare tutte le possibili risposte, non farebbe altro che menzionarne solo quella o quelle per lui migliori, facendo in questo modo una scelta.
Ma, dato che la molteplicità è innegabile nella sua quotidiana sperimentazione, e dal momento che l’uomo non può evitare di discernere se vuole saziare la propria curiosità, è evidente che gli uomini continuino a macchiarsi di presunzione, perché basano le proprie scelte solamente sulla capacità decisionale di loro stessi, altresì detta “punto di vista”: pur non riuscendo a dimostrare l’assoluta fondatezza delle loro decisioni a causa dell’infinita pluralità di enti, continuano comunque a prenderne.
Siamo dunque falsi nei nostri medesimi confronti, giacché ci imponiamo un’opinione rispetto a un’altra, sebbene non sia possibile sostenere completamente la sua superiore validità tra tutte quelle esistenti.
Pertanto, a meno che non si confidi nell’esistenza di una forza che ci trascende, e che quindi decide per noi, siamo destinati a trascorrere un’esistenza alla ricerca di una Verità, di cui non possiamo fare altro che illuderci d’esserci impadroniti.
Dunque la vita non è altro che un racconto, di cui siamo auctores e agentes rispettivamente attraverso opinioni e azioni; non ci resta che capire se ci piace la letteratura.

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