Infatti, per l’ottava volta in una settimana, la simpatica ma datata macchinetta ci ha lasciati e questa volta mi ha mangiato anche i soldi.
Vabbé che tanto, Euro più Euro meno, il futuro non mi si prospetta per niente roseo, dal momento che, ovunque mi volti, trovo impressa a caratteri cubitali la parola crisi.
Crisi economica, crisi del governo, conseguentemente crisi del lavoro e incomprensibilmente pure dell’opposizione; crisi dei valori e anche della cultura la quale, trattandosi di un settore divenuto solo speculativo, non deve stupirci più di quella di campi maggiormente pragmatici.
Poi, come se non bastasse la grave instabilità dell’epoca in cui viviamo, ci si mettono anche le mie scettiche e confuse riflessioni sul futuro: infatti, perché mai dovrei ritenermi migliore degli altri, e quindi sperare di meritare un avvenire migliore del più infimo che si possa immaginare, se ogni cosa e dunque ogni attributo, compreso il concetto di “migliore avvenire", dipende dall’opinione personale?
Insomma vorrei essere felice, ma non so, e in quest’ottica non potrò mai sapere, che cosa sia davvero la felicità, giacché per comprenderlo dovrei avere la presunzione di ritenere la mia concezione di questo stato d’animo l’unica vera rispetto a tutte le altre innumerevoli esistenti.
Crisi economica, crisi del governo, conseguentemente crisi del lavoro e incomprensibilmente pure dell’opposizione; crisi dei valori e anche della cultura la quale, trattandosi di un settore divenuto solo speculativo, non deve stupirci più di quella di campi maggiormente pragmatici.
Poi, come se non bastasse la grave instabilità dell’epoca in cui viviamo, ci si mettono anche le mie scettiche e confuse riflessioni sul futuro: infatti, perché mai dovrei ritenermi migliore degli altri, e quindi sperare di meritare un avvenire migliore del più infimo che si possa immaginare, se ogni cosa e dunque ogni attributo, compreso il concetto di “migliore avvenire", dipende dall’opinione personale?
Insomma vorrei essere felice, ma non so, e in quest’ottica non potrò mai sapere, che cosa sia davvero la felicità, giacché per comprenderlo dovrei avere la presunzione di ritenere la mia concezione di questo stato d’animo l’unica vera rispetto a tutte le altre innumerevoli esistenti.
Perciò mi ritrovo a condurre una vita che non sarà fatta d’altro che di supposizioni su concetti, che possiamo solamente illuderci di conoscere, imponendoci un solo sciocco punto di vista, e sperando di diventare uno di quei cittadini sovrani che al preside della mia scuola piace tanto citare ogni anno, durante il primo comitato studentesco, senza tener conto del trascurabile fatto che né lui, né tanto meno il suo giovane uditorio, sanno cosa voglia veramente dire.
Ma la parte peggiore della faccenda è che, nonostante la dilagante crisi generale e i miei pessimistici sprazzi di scetticismo, ogni qualvolta qualcuno mi dica: “fai parte di una generazione senza futuro”, un irrazionale scatto di speranza adolescenziale, non ancora completamente infranta, mi fa credere nella falsità di quella affermazione, sebbene sia innegabile la sua già mostrata ragionevolezza.
Pertanto, se la macchinetta del caffè del terzo piano non funziona, proverò con quella al secondo, perché adesso almeno di questo sono certo: avendo sprecato un intero minuto a fissare il distributore di bevande, sono passate le otto, quindi le quotidiane sei ore di lezione si avvicinano e io, per affrontarle, ho indubbiamente bisogno di un caffè.
Ma la parte peggiore della faccenda è che, nonostante la dilagante crisi generale e i miei pessimistici sprazzi di scetticismo, ogni qualvolta qualcuno mi dica: “fai parte di una generazione senza futuro”, un irrazionale scatto di speranza adolescenziale, non ancora completamente infranta, mi fa credere nella falsità di quella affermazione, sebbene sia innegabile la sua già mostrata ragionevolezza.
Pertanto, se la macchinetta del caffè del terzo piano non funziona, proverò con quella al secondo, perché adesso almeno di questo sono certo: avendo sprecato un intero minuto a fissare il distributore di bevande, sono passate le otto, quindi le quotidiane sei ore di lezione si avvicinano e io, per affrontarle, ho indubbiamente bisogno di un caffè.
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RispondiEliminaA questo adolescente (giustamente) turbato dico che il futuro non è morto. Che tutti abbiamo un futuro. Perché se abbiamo un passato e un presente, allora necessariamente abbiamo anche un futuro. Potrà essere triste o felice, non importa. Ciò che conta, a mio parere, è che la tristezza o la felicità della situazione (futura, postfutura o postapocalittica) non cambi noi. E' nostro compito evitare di sedere di fronte al Futuro antropomorfizzato (socializzato?). Poiché, se dovesse capitare, questo Futuro parlante, potrebbe dirci sorridendo sornione (magari mentre nel mezzo una scacchiera vuota attende la prossima mossa): "Non c'è niente, dentro di te: il futuro-che-non-c'è ti ha infettato".
RispondiElimina7
Hai ragione, il timore di un possibile futuro infelice non deve condizionare ossessivamente il presente, fino a modificare la nostra stessa persona e farla smarrire. D'altro canto, è però inevitabile che l'uomo si interroghi su ciò che lo attende e ne tragga, conseguentemente, più o meno allegri pronostici: se tutti abbiamo un futuro, ne saremo un po' influenzati, no?
RispondiEliminaDavvero davvero grazie per l'elaborato, interessante e primo commento.
Grazie!