mercoledì 16 marzo 2011

I coniugi Pittaluga

Circa un paio di settimane fa, all’età di sessantatré anni, la signora Pittaluga rimase vedova.
Non accadde niente di macabro o scioccante: il signor Pittaluga, dopo essere andato normalmente a letto la sera precedente, quella mattina non si recò dal giornalaio sotto casa, ad acquistare una copia del quotidiano Il secolo XIX, che ogni giorno era invece solito procurarsi. Inoltre fu affisso all’ingresso del condominio, dove risiedevano i due anziani, un fiocco nero, che poté così essere scorto da tutti gli abitanti di Mioglia, svegliatisi quel mattino, a differenza del vecchio marito, appunto.
Il funerale si tenne a Savona, a una trentina di chilometri di distanza dal comune ligure in cui i due sessantenni avevano fino ad allora vissuto, ma nessuno degli abitanti miogliesi si sforzò di raggiungere il capoluogo per assistervi.
C’è da dire che i canuti coniugi non erano mai stati molto espansivi, e il fatto che non avessero avuto figli né gli rimanessero parenti stretti a Mioglia, non aveva sicuramente incoraggiato i rapporti con gli altri residenti; questi ultimi poi, non si lasciarono di certo sfuggire l’apparente chiusura della coppia, per sfogare a suo scapito le prevedibili maldicenze, che da sempre cercano di animare quello spirito annoiato, tipico di ogni località di piccole dimensioni e scarsa popolosità. Infatti, se Mioglia presenta poco più di cinquecento abitanti nei periodi di maggiore vitalità, ci si può immaginare quanto questo esiguo comune a confine col Piemonte tra le vallate dell’Appennino Ligure, viva un’atmosfera di estrema tranquillità per il resto dell’anno: perciò, non è difficile comprendere che i miogliesi si conoscano quasi tutti di persona, indubbiamente tutti di vista e che assai spesso si facciano scappare qualche battuta sugli altri compaesani, ovviamente alle loro spalle.
Ebbene, lasciata passare giusto qualche ora dalla morte del Pittaluga per la sorpresa causata dall’imprevedibile accaduto, le malevoli dicerie ripresero il proprio tradizionale corso.
In questo modo, la signora Pittaluga ebbe l’opportunità di assaporare completamente i pettegolezzi, che sino a quel momento aveva potuto condividere col marito. Si accorse di quanto fossero effimeri i comportamenti dei miogliesi che, confidando in una maggiore sordità della vecchietta, e anche in una più veritiera lealtà dei vari confidenti con cui sfogavano le proprie maldicenze, diedero all’anziana donna un perfetto esempio di quell’arte di simulazione e dissimulazione che, inscindibile qualità umana, non riesce sempre a evitare di essere ritenuta un difetto.
La vedova iniziò a notare e a essere infastidita da questo comportamento perennemente falso dei miogliesi, e la doppiezza della gente disgustò a tal punto l’anziana donna, intimamente ferita dalla totale mancanza di genuina verità nel mondo circostante, affettuosamente oscurata fino alla morte del marito dall’amorevole presenza di quest’ultimo, da costringere la vecchietta a rinchiudersi in casa, cercando così di sfuggire a quell’inarrestabile commedia, quale le appariva la vita.
Rimase nel suo appartamento tre giorni. Poi, anche lei morì.
In pratica, una decina di giorni dopo la morte del signor Pittaluga, abbiamo nuovamente assistito alla stessa scena con un fiocco nero sulla medesima porta in via Acqui: la vedova era stata trasportata durante la notte all’ospedale San Paolo di Savona e lì era poi deceduta.
Alcuni dicevano che il suo trapasso fosse stato causato dalla profonda sofferenza per la perdita del marito; altri, a cui un tempo la Pittaluga aveva  ingenuamente confidato di avere una grave malattia, senza scrupoli, lo riconducevano apertamente a quella, arricchendo ogni volta di nuovi e stupefacenti particolari il ricordo della rivelazione.
Ad ogni modo, appena prima di morire, durante il ricovero evidentemente tardivo al San Paolo, dalla sua camera d’ospedale aveva mandato una lettera al sindaco di Mioglia  indirizzata a tutti i miogliesi, in cui la vecchietta, con quel tono profondamente irritato ma comunque compito che si addice a una signora d’età avanzata, lamentava tutta quell’ipocrisia che aveva troppo a lungo sopportato.
La missiva venne affissa davanti al municipio del comune miogliese e gli abitanti, ammansiti dagli irreparabili sensi di colpa nei confronti della vedova deceduta, furono sinceramente colpiti dalla sua lettera e dopo aver meditato sul proprio comportamento, si impegnarono ad adottare una condotta più semplicemente leale e onesta.
Che strano però, un paio di giorni fa è arrivato un dipendente di un’agenzia immobiliare savonese, a controllare l’appartamento dei Pittaluga per la messa in vendita; ha detto al proprietario dell’edicola a pochi metri dall’abitazione dei due defunti, che era stato ingaggiato proprio da questi ultimi.
Ovviamente, il giornalaio ha sostenuto senza dubbio che il savonese si stesse sbagliando e, anche quando ha riportato l’accaduto agli altri miogliesi, costoro non hanno avuto la minima incertezza riguardo alla triste e vera fine dei loro due poveri concittadini.

Eppure, io sono convinta di averli visti proprio ieri: passeggiavano, tenendosi a braccetto, per le vie del centro storico di Savona con aria sollevata e compiaciuta. Al mio: “Signori Pittaluga?” i due canuti addetti all’inesistente sipario di quella commedia mondiale che è la vita, si sono voltati lentamente e sorridendo: “Salve cara! Come va a Mioglia?”

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