giovedì 26 novembre 2020

Il mercoledì è la vasca dopo cui penso di non avere abbastanza bracciate per tornare alla scaletta. Come se poi, nella mia vita, fossi stata in piscina così tanto spesso da potermi permettere similitudini che sanno di cloro. Di loro.
Vorrei inventare uno strumento che con un tocco proietti fuori di noi tutto quello che abbiamo sotto pelle, compresso fra le cellule, a volte battezzato in idee, storie, voglie, paure, angosce e permetta poi di farle capire anche agli sconosciuti. Tu mi dai la mano, io ti do la mano e in un battito di ciglia ci comprendiamo, ma del tutto: ci prendiamo tutto, ci scambiamo tutti i pensieri, condividiamo i sorrisi e le lacrime che hanno inciso la nostra memoria ram, quelli che ci hanno disturbato la fase rem, ciò che ha costruito così l’umano che siamo e anche cosa o chi l’ha distrutto. Potremmo dire che abbiamo capito un pezzo di noi, di loro. Degli altri.
Invece la piscina è una boccia senza scaletta e io sono solo un pesce rosso con tanta fantasia.
È giovedì ormai, ne sprecherò un po’ per immaginarmi uno strumento che ci permetta di capirci senza linguaggi: forse comprenderemmo che siamo tutti diversi e per questo tanto simili. Dei nuotatori fuor d’acqua.

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