Non pubblico quasi mai video delle poesie che da anni mi portano sui palchi. Mi piace preservare la loro irripetibilità come qualcosa di sacro, soltanto per chi c’è – dal vivo. Ma oggi voglio fare un’eccezione e immortalare quella volta che in un teatro elisabettiano in Svizzera avevo un gran mal di testa, la testa piena di distruzioni da cui è difficile distrarmi, ma comunque sufficiente fiducia che le parole siano il farmaco più potente e più diffuso, perché il linguaggio è l’unico mezzo che abbiamo per superare i confini delle nostre solitudini, senza dissanguarci.
Ricorda: non smettere mai il coraggio di parlare.
Non credo alle religioni, ma capita che una sera lasci il tuo stato per andare a dire parole su un palco e finisci occhi negli occhi di sconosciuti; qualcuno racconta, qualcuno ascolta, d’improvviso il presente è un posto in cui stare bene, scendi dal palco e scopri che le parole che hai scritto non sono solo tue: sono nostre, mie, tue, loro e ancora un’altra volta mi inchino a dire grazie, perché questa è poesia e mi salva la vita. Grazie di costruire senso, insieme, nonostante tutto. Inganniamo la morte.
Questa poesia si chiama Cassiopea e puoi ascoltarla e vederla qui.
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