e più elevato della mole delle piramidi degne di re
ho innalzato, talché non il nembo divoratore,
non l’Aquilone sfrenato o la successione infinita degli anni e
la corsa veloce delle ore possano demolirlo.
Non tutto di me si spegnerà con la morte,
gran parte di me eviterà Libitina;
mi ingrandirò, ricordato dagli elogi dei posteri
ininterrottamente, fin quando i pontefici massimi con le vergini
saliranno al Campidoglio in silenzio.
Dove gorgheggia l’Ofanto violento e Dauno
fu re di aridi territori agresti, si dirà di me:
divenuto da misero autorevole, per primo
tradusse la lirica greca in ritmi italici.
O Melpomene, assumi l’orgoglio guadagnato coi meriti e,
propizia, cingimi la testa di alloro delfico.
ho innalzato, talché non il nembo divoratore,
non l’Aquilone sfrenato o la successione infinita degli anni e
la corsa veloce delle ore possano demolirlo.
Non tutto di me si spegnerà con la morte,
gran parte di me eviterà Libitina;
mi ingrandirò, ricordato dagli elogi dei posteri
ininterrottamente, fin quando i pontefici massimi con le vergini
saliranno al Campidoglio in silenzio.
Dove gorgheggia l’Ofanto violento e Dauno
fu re di aridi territori agresti, si dirà di me:
divenuto da misero autorevole, per primo
tradusse la lirica greca in ritmi italici.
O Melpomene, assumi l’orgoglio guadagnato coi meriti e,
propizia, cingimi la testa di alloro delfico.