mercoledì 9 settembre 2020

Fine.

Dedico queste pagine ai miei genitori.
Grazie, di avermi dato un nome.

Con queste parole finisce la mia tesi, che ho caricato oggi. Oggi è l’anniversario dei miei. Ma il verbo così inganna, la lingua invece costringe a essere franchi: sarebbe l’anniversario dei miei, se ci fossero entrambi. Gli anniversari di matrimonio a metà non sono previsti, per questo non oso gli auguri, che suonerebbero – anzi, suonano – una battuta di cattivo gusto.
Io però li ringrazio tutti e due, con la sfrontatezza dell’indicativo, perché con le parole si può dire l’indicibile, si può indicare al presente anche chi non esiste che nel passato. E non immaginate quanto manca.
Di seguito una serie di fatti al condizionale. Mi farebbe un regalo, forse direbbe che sono stata brava, con un po’ di sarcasmo, probabilmente litigheremmo, sarebbe contento, ma senza dimostrarlo.
Di seguito una serie di fatti all’indicativo. Mamma pensa a fare tutto anche per te, compreso litigare, il regalo lo voglio e voglio anche saltare la siepe durante una pandemia globale. E poi sai cosa ho capito di aver ereditato? Che siamo proprio bravi a non dare a vedere quando, quanto siamo felici.
Ma i figli esistono per rompere, quindi adesso confesso che sento dentro di me una nave che vuole prendere il largo, che nonostante tutto a qualcosa e a qualcuno ancora credo, come che ogni giorno, alla fine, è un bel tramonto, su cui scrivere poesie e correre in posti che non so, per regalarle a chi ancora non conosco, ma voglio scoprire. E alla fine va bene anche il dolore.
La foto di laurea mi sembrerà per sempre più vuota, perché ciò che è prezioso, spesso ha un prezzo.
Grazie, mamma. Grazie, papà.
Per esserci ed esserci stati, ed esserci.
Grazie a voi oggi posso dare nomi alle cose e scusatemi se ancora non ho imparato bene ad amare, però voi siete l’origine di ogni tentativo.